Ogni voto ricevuto per un politico rappresenta un gesto di gratitudine. E' il modo che un elettore ha d'esprimere il suo grazie a ciò che un politico che ha fatto o che ha intenzione di fare per lui. Ma quando un politico riceve meno voti di quel che s'aspettava quali contraccolpi ha sul suo animo? Poniamo che un politico creda profondamente di aver dispensato tanti benefici ai suoi cittadini. Per tutti i benefici ch'egli crede di aver dispensato ora s'aspetta un segno di gratitudine, ossia s'aspetta una valanga di voti sul suo nome. Ma, anziché vedere il suo nome sommerso da un diluvio di crocette, questi segni di gratitudine sono al di sotto delle aspettative.
A questo punto, il politico in questione dovrebbe porsi una serie di domande:
1) che i benefici dispensati non siano stati graditi?
2) che i benefici dispensati non siano stati percepiti?
3) che i benefici non siano affatto arrivati a destinazione?
4) che i benefici non ci siano stati affatto?
Insomma, sono tutte domande lecite che un uomo politico autocritico è in grado di porsi. Poniamo invece che, anziché avere a che fare con un uomo politico sufficientemente autocritico, abbiamo a che fare con un uomo politico borioso, cioè uno che non ama mai mettersi in discussione. Il borioso non si pone affatto queste domande; egli pensa che tutto ciò che dispensa debba necessariamente essere gradito, e quindi ricambiato, ed esclude categoricamente la terza e (a maggior ragione) la quarta domanda; tutt'al più è disposto a concedere qualche cosina alla seconda domanda e dire, ad esempio, che è possibile che ci sia stato un difetto di comunicazione, ma ciò è dovuto agli altri che hanno boicottato la sua azione mediatica, o che non gli hanno permesso di parlare a tutto campo dei benefici dispensati. Dunque, ciò che dispensa (egli crede) non è che non sia stato apprezzato, semplicemente è stato offerto a una massa di ingrati, che non hanno voluto o saputo ricambiare ciò che hanno ricevuto con un segno di gratitudine. Cosa prova dunque il politico nei confronti del prossimo? Risentimento. Chi non mostra un segno di gratitudine per ciò che ha ricevuto è un ingrato.
Nella sua mente comincia a configurarsi la categoria dell'ingrato, cioè di colui che, ricevuto un beneficio, non è in grado di ricambiare con un gesto di gratitudine. Perché l'ingrato non è in grado di fare un gesto del genere? Anche in questo caso s'apre un ventaglio di ipotesi: ha vergogna? è timido? è un menefreghista? è un opportunista? è un maleducato? è un viziato per cui crede che tutto gli sia dovuto senza dire "grazie"?
L'ingrato può essere tutto ciò, ma soprattutto è un irriconoscente, cioè è un essere che non sa riconoscere chi gli ha fatto del bene. L'irriconoscente è colui che non sa riconoscere non il valore del beneficio ricevuto, anzi, ma il valore del benefattore. E perché non sa riconoscere questo valore, si domanda il benefattore borioso? Perché è un invidioso, perché è poco intelligente, perché è un mediocre, perché è tutte queste cose messe insieme. E allora cosa può provare il politico borioso nei confronti di uno che si mostra irriconoscente se non "disprezzo"? Il disprezzo è l'unico sentimento che si può provare verso chi non sa apprezzare il proprio valore.
E cosa manifesta il disprezzo? In primo luogo, col dire a se stesso che questa massa di ingrati non mi merita, o che si meritano qualcuno della loro stessa risma, o che si meritano di andare a finire in mano a chi s'approfitta della loro buona fede. Quindi, il primo impulso sarebbe di consegnare quella massa di cialtroni irriconoscenti nelle mani degli approfittatori, così poi avranno tutto il tempo di rimpiangere chi ha agito per il loro bene. Ma poi credendo che il suo essere benefattore sia più forte di lui, nonostante l'ingratitudine della massa, comincia a pensare che egli deve compiere la missione d'essere il loro redentore, ossia deve redimere la massa prima che cada completamente in mano a degli astuti e subdoli approfittatori.
E qui che avviene la metamorfosi del politico borioso: egli deve convertire la massa a riconoscere effettivamente chi agisce per il loro bene. La massa di ingrati deve aprire gli occhi, dev'essere disingannata. Deve "smascherare" colui al quale supinamente si sta consegnando. Mostrare il vero volto del nemico. Deve compiere un'"opera di verità": mostrare chi è il vero benefattore e chi il vero malfattore. Redimere, convertire, disingannare, smascherare: ecco le parole d'ordine che ascolteremo nei prossimi giorni.
A questo punto, il politico in questione dovrebbe porsi una serie di domande:
1) che i benefici dispensati non siano stati graditi?
2) che i benefici dispensati non siano stati percepiti?
3) che i benefici non siano affatto arrivati a destinazione?
4) che i benefici non ci siano stati affatto?
Insomma, sono tutte domande lecite che un uomo politico autocritico è in grado di porsi. Poniamo invece che, anziché avere a che fare con un uomo politico sufficientemente autocritico, abbiamo a che fare con un uomo politico borioso, cioè uno che non ama mai mettersi in discussione. Il borioso non si pone affatto queste domande; egli pensa che tutto ciò che dispensa debba necessariamente essere gradito, e quindi ricambiato, ed esclude categoricamente la terza e (a maggior ragione) la quarta domanda; tutt'al più è disposto a concedere qualche cosina alla seconda domanda e dire, ad esempio, che è possibile che ci sia stato un difetto di comunicazione, ma ciò è dovuto agli altri che hanno boicottato la sua azione mediatica, o che non gli hanno permesso di parlare a tutto campo dei benefici dispensati. Dunque, ciò che dispensa (egli crede) non è che non sia stato apprezzato, semplicemente è stato offerto a una massa di ingrati, che non hanno voluto o saputo ricambiare ciò che hanno ricevuto con un segno di gratitudine. Cosa prova dunque il politico nei confronti del prossimo? Risentimento. Chi non mostra un segno di gratitudine per ciò che ha ricevuto è un ingrato.
Nella sua mente comincia a configurarsi la categoria dell'ingrato, cioè di colui che, ricevuto un beneficio, non è in grado di ricambiare con un gesto di gratitudine. Perché l'ingrato non è in grado di fare un gesto del genere? Anche in questo caso s'apre un ventaglio di ipotesi: ha vergogna? è timido? è un menefreghista? è un opportunista? è un maleducato? è un viziato per cui crede che tutto gli sia dovuto senza dire "grazie"?
L'ingrato può essere tutto ciò, ma soprattutto è un irriconoscente, cioè è un essere che non sa riconoscere chi gli ha fatto del bene. L'irriconoscente è colui che non sa riconoscere non il valore del beneficio ricevuto, anzi, ma il valore del benefattore. E perché non sa riconoscere questo valore, si domanda il benefattore borioso? Perché è un invidioso, perché è poco intelligente, perché è un mediocre, perché è tutte queste cose messe insieme. E allora cosa può provare il politico borioso nei confronti di uno che si mostra irriconoscente se non "disprezzo"? Il disprezzo è l'unico sentimento che si può provare verso chi non sa apprezzare il proprio valore.
E cosa manifesta il disprezzo? In primo luogo, col dire a se stesso che questa massa di ingrati non mi merita, o che si meritano qualcuno della loro stessa risma, o che si meritano di andare a finire in mano a chi s'approfitta della loro buona fede. Quindi, il primo impulso sarebbe di consegnare quella massa di cialtroni irriconoscenti nelle mani degli approfittatori, così poi avranno tutto il tempo di rimpiangere chi ha agito per il loro bene. Ma poi credendo che il suo essere benefattore sia più forte di lui, nonostante l'ingratitudine della massa, comincia a pensare che egli deve compiere la missione d'essere il loro redentore, ossia deve redimere la massa prima che cada completamente in mano a degli astuti e subdoli approfittatori.
E qui che avviene la metamorfosi del politico borioso: egli deve convertire la massa a riconoscere effettivamente chi agisce per il loro bene. La massa di ingrati deve aprire gli occhi, dev'essere disingannata. Deve "smascherare" colui al quale supinamente si sta consegnando. Mostrare il vero volto del nemico. Deve compiere un'"opera di verità": mostrare chi è il vero benefattore e chi il vero malfattore. Redimere, convertire, disingannare, smascherare: ecco le parole d'ordine che ascolteremo nei prossimi giorni.
2 commenti:
# egli deve compiere la missione d'essere il loro redentore
nuova e "pregnante" definizone del "Nostro"!
tuttavia mi pare di ricordare che la "redenzione" passi per la croce e non per il bunga-bunga
Giusto, Oude. Redimere: liberare qualcuno da qualcosa che gli porta dolore o svantaggio; il senso ci sta tutto. Non si parla della Sua, ma della nostra redenzione. E manderà i "soldati" o i guerrieri (non mi ricordo bene) della libertà a fare un'opera di redenzione; la questione assumerà in questi giorni toni mistici (che a nostri occhi appariranno ridicoli, ma che in realtà hanno una loro logica). Naturalmente ciò vale, a mio parere, per ogni borioso.
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