Il corpo ha bisogno di nutrirsi, come la mente di apprendere. Il “saper” appendere come il “saper” conoscere è una questione di nutrimento. Questo mi ha insegnato la filosofia di Nietzsche ogniqualvolta mi siedo alla tavola dei valori trasmutati. Poche regole per riconoscere i cibi sani da quelli cattivi. Molti cibi soddisfano il palato, ma non danno nutrimento. Si tratta di quei cibi prodotti in modo dozzinale, ma ben confezionati. Spesso più che il contenuto è l’involucro ad attrarre.
Una buona etichetta, pubblicizzata ad ogni istante, viene apposta a garanzia del prodotto. Sono quei cibi distribuiti in ogni angolo di mondo, ovunque si accalca la folla, che colpiscono più per la quantità voluminosa dell’involucro che non per le loro reali qualità, e che si trangugiano nelle sale d’aspetto degli aeroporti, delle stazioni ferroviarie, nei tram, nei treni.
Sono l’equivalente degli snacks, delle pizzette, delle patatine fritte, dei dolciumi d’ogni sorta, che non servono a nutrirsi, ma a evitare la fame. Il loro consumo smodato non soltanto guasta lo stomaco, ma rovina soprattutto il gusto di saper apprezzare i cibi buoni. Chi si ingozza di queste cose non è più in grado di riconoscere un cibo davvero nutriente. Abituato a trangugiare questi prodotti dai sapori sempre identici, diffida o non sa gustare quelle cose che richiedono un palato raffinato, un gusto sofisticato. Chi si nutre di questi cibi tende alla pinguedine. Si nutre d’aria più che di sostanze. Ha una mente poco agile, afferra con difficoltà concetti e argomenti. Diventa una mente abituata a farsi servire cose già pronte e preparate.
Evito di nutrirmi in modo veloce, come i ritmi della vita impongono. Occorre sapersi nutrire con lentezza, assaporando ogni frase, ogni virgola. Rimanere concentrati su ciò di cui ci si sta cibando. Giacché non mi nutro soltanto per il piacere di nutrirmi, ma soprattutto per dare vigore alla mente, mi piace la masticazione lenta che aiuta ad estrarre al meglio i loro succhi. Questi, prima che allo stomaco, devono arrivare direttamente al cervello.
Saziarmi del sapere senza mai eccedere, poiché l’eccesso rende la mente pingue e la digestione faticosa. Seguo una dieta rigorosa nell'apprendimento, concedendomi di tanto in tanto per puro piacere qualche strappo alla regola. Chi non ha un regime alimentare si nutre di ciò che capita e quando capita. Evito di assaggiare tanti cibi per il semplice gusto di conoscere i loro sapori. Lo stomaco va in disordine. La dieta insegna a saper variare le quantità di cibo nelle loro giuste proporzioni. Ogni regime alimentare ha lo scopo di conseguire un risultato, e ciò comporta di eliminare il “superfluo”, ossia tutto ciò che non è indispensabile al suo conseguimento. Il cibo superfluo serve solo ad allungare la durata dei pasti, a trascorrere più tempo a tavola senza sentirne affatto la necessità. Evito quei cibi troppo “astratti”, quelli che la tradizione popolare definisce “tutto fumo e niente arrosto”.
Il cibo è riferito alla vita, ma alla vita concreta, non a quella che rimanda a un ipotetico mondo eburneo. Perciò diffido di tutti quegli asceti, di ogni tempo, di ogni luogo, che predicano di nutrirsi soltanto di radici, perché, sostengono, lì ha origine ogni cosa. No, le cose non hanno origine e non hanno fine. Chi parla in questi termini s’inganna e vuole ingannare. La catena alimentare è circolare non lineare. Origine e fine coincidono in questa catena. Ogni inizio è già una fine e un nuovo inizio..
Nessun commento:
Posta un commento