mercoledì 22 gennaio 2020

A Niccolò Machiavelli

Sì, è vero, lo confesso: ieri è stato il mio compleanno, e per l’occasione la blog/moltitudine ha voluto farmi un regalo dedicandomi centinaia di post. Sono nato a Firenze il 3 maggio del 1469, da Bernardo, giureconsulto, e da Bartolomea de’ Nelli, in una famiglia “notabile”, ma impoverita, che ha saputo difendere dignitosamente, in mezzo all’opulenza cittadina, il proprio decoro e la propria indigenza.
L’ho lasciato scritto anche in una celebre lettera al Vettori (18 marzo 1512), ove dichiarai d’esser povero e d’essere anche assillato dal timore di diventare fra tanta ricchezza di cittadini e di parentado per povertà contemnendo, vale a dire degno di disprezzo. 
Ho assistito con crescente diffidenza alle vicende della repubblica “piagnona” del Savonarola, come voi oggi vi ciucciate la repubblica “piagnona” di Beppe Grillo. Sono passato alle cronache per essere un tipo beffardo e senza scrupoli. Sono stato persino considerato un maestro di immoralità, un consigliere di perfidia. Per esecrare il mio nome è stato coniato l’aggettivo “machiavellico” che ha assunto il significato di bassezza, di intrigo.
Del mio Principe esiste persino un’edizione edita da Silvio Berlusconi, il quale s’è pregiato di scrivere persino una premessa. La lettura di questo mio libercolo pare abbia da sempre ispirato il “politico” di turno: da Richelieu a Napoleone, da Mussolini a Craxi sino a Berlusconi! Peccato che soltanto il povero Pierluigi Bersani non l’abbia mai letto! N'avrebbe tratto qualche giovamento. 
Tuttavia, vizi notevoli non possono essermi appuntati, se non libidine di femmine, dove ho sfogato un’esuberanza di vita e peranco di affetti. Di certo nel lungo corso dei secoli me ne hanno appiccicati parecchi, tant’è che il mio Principe finì all’Indice de' Libri proibiti, quantunque so per certo che infrattato in mezzo alla tiara cardinalizia i prelati avevano l’abitudine di ripassarselo prima di andare a votare per il nuovo pontefice. Insomma di torti ne ho fatti tanti, e oggi ognuno me li può sbattere sul grugno.
Però una cosa vorrei che fosse chiara, quando la moltitudine scrive il mio cognome, che evitasse di scriverlo con due “CC”. Lo dico a mo’ di Camilleri: mi so rotto un poco i cabbasisi. Il mio nome è Niccolò Machiavelli con una “c” soltanto.

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