L’etoanalisi
non è una “teoria del comportamento umano”, bensì è una “teoria del
comportamento interattivo”, e l’accento
va posto non tanto sul “sostantivo” quanto sull’“aggettivo”. Certo il fatto che
anche gli esseri umani abbiano un
comportamento ne consegue che la cosa li riguardi da vicino, allo stesso modo
in cui può riguardare qualsiasi altro “agente” che si auto-percepisca come un’unità
(un gruppo, una nazione, un’impresa, un partito politico, ad esempio).
In
secondo luogo, volendo restringere il campo ai rapporti interumani, il fatto di
non sapere, anche in base al cosiddetto “umore”, quale comportamento si ha
quando si interagisce con l’altro, non vuol dire che “non si ha un
comportamento”. Da un lato non vorrei dare l’idea che ogniqualvolta un essere
umano interagisce con un altro essere umano stia sempre lì a calcolare gli
effetti del suo comportamento. Quando lo fa, se lo fa, vuol dire che lo fa per
uno scopo preciso: ossia quando vuole “prevalere” sull’altro, ossia “contare”
di più rispetto all’altro. Ciò accade, in particolare, in un rapporto
competitivo, cioè quando i rispettivi Sé sono coinvolti nella stessa sfera di
interessi o di competenze: ad esempio, se a qualcuno non interessi affatto l’ambito
“scolastico” è difficile che voglia prevalere su un “altro”. La competizione in
tal caso non ha senso. Poi, abbiamo altri casi a cui mira il comportamento
interattivo: far emergere rapporti inattesi laddove prima non esistevano (e qui
mi sovviene ricordare tutti gli eventuali rapporti sentimentali o affettivi). O
voler predominare sull’altro.
Insomma,
voglio dire ogni essere umano (volendo restringere il campo interattivo) è un
intreccio di relazioni, e in ogni relazione interagisce sempre con l’altro (con
lo sconosciuto, il vicino di casa, i propri familiari, i propri amici, i propri
colleghi di lavoro, e così via). Inoltre, occorre tener presente che ogni
relazione è costituita da un limite, limite che entrambi gli agenti sono tenuti
a rispettare (ognuno esercita sull’altro una reciproca funzione di controllo
sul rispetto del limite). Tuttavia, il limite non è una
linea fissa, immobile. Qualsiasi linea di confine può essere, all’interno di
una sequenza interattiva di eventi, di volta in volta, ignorata (quando si
vuole prevaricare sull’altro),
modificata o variata (quando si vuole prevalere)
o addirittura essere elusa (quando si vuol far emergere un'altra forma di legame). Ciascuno rifletta un attimo
sulla tua cerchia di relazione (passata e presente) e pensa a come nel corso
degli anni ogni relazione sia nata, si sia modificata o si sia interrotta. A me
non interessa porre l’accento sulla “motivazione” o “giustificazione” che ha
portato a quella o a quell’altra situazione, ciò che a me interessa è analizzare
la modalità attraverso la quale tale situazione si è determinata.
Io
non credo che capire come il nostro Sé interagisca con un altro sé quando
entrano in contatto sia un’analisi “demenziale”: non faccio oroscopi per
prevedere il futuro delle persone, tuttavia conoscendo quale modalità l’agente
Y mette in atto quando entra in contatto con l’agente X, posso “prevedere” (nei
limiti del possibile) come potrà evolversi la loro relazione. Cioè non è sulla
“persona” che faccio previsioni, bensì sulla “relazione”.
È importante sapere in anticipo come si evolverà una relazione tra due agenti qualsiasi? Per me lo è, ed è per questo motivo che sto elaborando una teoria che tratti questo ambito. Per me è importante sapere come comunichi il Sé, anche perché mi sono reso conto che tante incomprensioni, rancori, malintesi, contrasti, ecc. nascono spesso proprio dal fatto di non sapere come un agente comunica all’interno di una relazione. E come se qualcuno mi chiedesse: serve a parlare e a comunicare in modo corretto e articolato? Io rispondo di sì, perché ciò aiuta a capirsi e a comprendersi meglio, a saldare meglio i propri legami e a sciogliere quelli nocivi. Allora, perché non pensare che anche il comportamento interattivo abbia una sua grammatica, quindi una sua semantica e una sua sintassi? È inutile conoscerla, non ci aiuta a vivere meglio i rapporti con gli altri? Non aiuterebbe anche i governi, i partiti, le nazioni, le imprese, i gruppi sociali, le famiglie ad interagire meglio? In fondo la mia idea è tutto ciò possa comportare un’eliminazione graduale dei rapporti di forza all’interno di una qualsiasi relazione. Quando appunto si arriva alla concezione che tutto sia il prodotto di un effetto di reciprocità, credo che l’umanità avrà fatto un grande passo avanti. Ma questa è una mia personale utopia. Ma si vive anche di utopie!
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