Scoprire
il nucleo più profondo del potere: il mio compito è questo. Ma non si tratta di andarlo a cercare in un luogo invisibile o negli oscuri meccanismi dell'inconscio, bensì in qualcosa che si ha costantemente sotto gli
occhi. Se sfugge all’osservatore, come aveva intuito Edgar Allan Poe nella Lettera
rubata, non è perché è nascosto, ma a causa della sua troppa evidenza.
Come scriveva Nietzsche in Ecce homo § 10, occorre «cambiare
tutte le proprie nozioni, quelle che finora l’umanità ha considerato cose serie, non sono neppure delle
realtà», bisogna cominciare ad apprezzare le «“piccole” cose, che sono poi le
faccende fondamentali della vita».
Tra le «piccole cose» di cui occuparsi c'è il concetto di individuo: è difficile sradicare l’idea che senza il concetto
di individuo non esista unità d’analisi Più
o meno capitava alla psicologia sociale la stessa cosa che capitava alla
matematica duemilacinquecento anni fa: «I matematici greci credevano che i
numeri fossero grandezze concrete, reali, intuitive, proprietà di oggetti
ugualmente reali» (Watzlawick, Beavin, &
Jackson, 1971, p. 17). L’individuo aveva lo stesso valore che il
concetto di grandezza aveva per i matematici antichi. In realtà, parlare di
individuo, di società o di rapporti tra l’individuo e società vuol dire parlare
di problemi che stanno in cima alla scala, e questa osservazione potrebbe
valere anche nel caso della psicoanalisi.
Parafrasando un pensiero di
Wittgenstein, il sociologo o lo psicologo è salita per essa, su essa, oltre
essa, e infine ha gettato via la scala. L’individuo o la società, per limitarci
solo a questi due concetti, di per sé non hanno alcuna realtà, o, più
precisamente, sono soltanto il risultato di un processo di reificazione delle
relazioni sociali: noi non incontriamo mai l’individuo o la società, noi interagiamo
con gli altri e gli altri interagiscono con noi. E ciò che l’altro è io posso
saperlo soltanto attraverso scambi interattivi. Ed è da questo fascio enorme di
rapporti reciproci e di relazioni che s’intrecciano i fili che danno corso alla
personalità, individualità o al cosiddetto carattere; contatto dopo contatto,
legame dopo legame, relazione dopo relazione, i fili si annodano, fino ad
acquistare quella concretezza che a noi appare sotto forma di ciò che definiamo
“personalità”, e questa ci appare sempre più stabile e consistente, acquista
appunto una sua “realtà oggettiva”, ma in realtà sono i fili, cioè le relazioni
o gli scambi reciproci, a intrecciare la trama della nostra esistenza, a dare
ad essa quello spessore così consistente tale da farle assumere, ai nostri
occhi, i cosiddetti tratti o caratteri della personalità.
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