sabato 3 dicembre 2011

L'Etoanalisi è opera mia



L'“Etoanalisi” è opera mia. Lo scrivo senza imbarazzi e senza remore. Basta digitare su google la parola e si vedranno tutti i “post” che ho dedicato a questo nuovo campo di ricerca. L’etoanalisi è opera mia, nella stessa misura in cui la psicoanalisi è opera di Freud e la fenomenologia di Husserl. Sono io ad aver coniato questo termine, ad avergli assegnato un oggetto di indagine (le interazioni), e un metodo rigoroso d'analisi.

Come la psicoanalisi e la fenomenologia, anche l'etoanalisi apre al nostro tempo nuovi campi di ricerca, nuovi orizzonti. Campi ancora tutti da esplorare; esiti non scontati.
L’etoanalisi risponde a certe esigenze, risponde a dei bisogni emersi nel nostro tempo. Essa può essere compresa prendendo l’avvio dalla parte centrale e funzionale che si assegna alla interazione. 
L’etoanalisi organizza la sua esposizione intorno all’espressione-chiave «sistema di relazioni», e la organizza in termini rigorosi.


Non voglio tentare di convincere o persuadere alcuno della “bontà” della mia teoria. Vorrei (non solo in questa, ma anche nelle precedenti occasioni) tentare di fondare con argomentazioni ragionevoli che esistono nella dimensione quotidiana modalità interazionali “incastonate” negli scambi interattivi, che sono alla fonte dei legami interpersonali, ne permettono la variazione, e che, infine, ne consentano la stabilità o lo scioglimento.

Ognuna di queste modalità esercita uno specifico potere al fine di affermare il proprio Sé sul sé altrui. A me interessa comprendere in quali specifiche situazioni queste modalità vengono messe in atto e a quali dinamiche danno corso.

Lo scopo a me è chiaro: è l’affermazione del Sé o la preservazione del Sé. Ciò che escludo dalla mia indagine sono le motivazioni, le giustificazioni o il modo in cui ognuno può legittimare i suoi comportamenti. Lo escludo perché so che sono sempre motivazioni “soggettive”: qualsiasi giustificazione viene data è sempre la giustificazione dell’Altro, e nessuno può mai entrare nella sua mente per verificare se mente o dice la verità.

Ciò che possiamo solo fare è osservare come l’altro si comporta. Dall’osservazione del comportamento posso “verificare” se i rapporti di potere, all’interno di una relazione, si sono modificati. In altri termini, ciò che a me interessa analizzare sono le dinamiche interattive. Queste dinamiche rispondono a delle strategie, indirizzate sempre all’affermazione (o preservazione) del Sé sull'altro, strategie che – sempre per la ragione che come osservatore non posso mai entrare nella mente dell’altro –  dal punto di vista analitico non importa se sono state messe in atto consapevolmente o meno, se sono dettate dalla cultura o dall’istinto.

In secondo luogo, ciò che a interessa è individuare le affinità, i rapporti che esistono tra queste varie modalità interattive. In pratica cosa hanno in comune e cosa differenzia la prevaricazione e la competizione, la prevaricazione e la seduzione, la competizione e la seduzione; quali sono le rispettive modalità complementari; perché qualcuno ha il bisogno di avere un padrone, una guida o un modello da seguire. Quand’è che si può parlare di prevaricazione, di competizione o di seduzione (non dal punto di vista soggettivo, ma dal punto di vista “oggettivo”: mi preme individuare criteri per delimitare una modalità da un’altra).

Poi mi interessa analizzare i “contraccolpi” che ciascuna modalità interattiva può innescare: rancore/risentimento, invidia/disinteresse, gelosia/indifferenza. A cosa può condurre questo o quel contraccolpo. Come si innesca un conflitto, come si innesca una rivalità, come si innesca una complicità. Come può nascere un rapporto di sudditanza, di collaborazione o di cooperazione.

Non so se voi giocate a scacchi. Il gioco degli scacchi è sempre stato un ottima metafora della vita. Quando un giocatore muove un pezzo sulla scacchiera da giocatore non mi domando mai il motivo soggettivo che lo ha spinto a muovere quel pezzo, se l’ha fatto per distrazione o per un fine recondito. Ciò che valuto è l'effetto che la mossa ha sulla scacchiera, cosa cambia nella disposizione dei pezzi, se i rapporti di forza sono cambiati, se mi dà un vantaggio o uno svantaggio. A mano a mano che la partita va avanti, le mosse a disposizione di ciascun giocatore si riducono: all’inizio della partita le variazioni erano molteplici, man mano che il gioco va avanti il loro campo si riduce. A un certo punto della partita le alternative si esauriscono. Non voglio dire che vita sia come una partita a scacchi. Ciò che voglio dire è che man mano che alcune dinamiche vanno avanti, le mosse a nostra disposizione si riducono sempre di più. Non prevedo mai come va a finire il gioco: ad un certo punto uno dei due giocatori può anche dare un calcio e buttare tutto all’aria oppure stancarsi e smettere di giocare. Però se sono un abile giocatore posso “prevedere” in base alle mosse che l’altro fa quale può essere il futuro sviluppo della partita.

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