Prima del secondo conflitto, le gerarchie
ecclesiastiche hanno sostenuto e favorito il fascismo in cambio di un "piatto di
lenticchie", come scriveva Sylos Labini; in seguito lo hanno fatto con la Democrazia Cristiana e, in ultimo, con i
governi di centro-destra.
Perché le gerarchie cattoliche hanno bisogno che ci
sia uno Stato che ratifichi i loro “precetti morali” (e loro interessi)?
Per
una semplice ragione: perché le cosiddette coscienze dei fedeli non ascoltano più i “precetti morali” (anacronistici) predicati dalla Chiesa.
Facciamo un esempio concreto: la
morale cattolica proibisce la fecondazione eterologa. Un “buon” cattolico che
crede fermamente a quanto dice la Chiesa evita questa pratica.
Che ci sia o non
ci sia una legge favorevole o contraria alla fecondazione eterologa, al “buon”
cattolico la cosa non “interessa”: se egli scegli di non praticare questa
strada non è perché c’è una legge che glielo proibisce, ma perché c’è la sua
convinzione morale.
Se la Chiesa fa tradurre in legge di Stato un suo
rispettabilissimo principio da un lato dimostra di essere più forte dello Stato
perché in grado di far diventare i suoi principi etici in etica dello Stato, dall'altro dimostra la sua debolezza, perché sa che senza quelle leggi i suoi anacronistici principi morali cadrebbero nel vuoto delle coscienze degli stessi che
si dichiarano cattolici.
In cambio della traduzione in legge però quella parte politica chiede il voto dei cattolici. E quei voti non servono soltanto per costituire maggioranze pronte a tradurre in legge i precetti della Chiesa, ma anche per fare altre politiche sociali, ad esempio, per votare leggi contro gli immigrati, contro le politiche sociali, leggi che non sono viste di buon occhio da una parte della Chiesa, ma che sono “tollerate” in nome di una suprema ragion di stato (vaticano).
In cambio della traduzione in legge però quella parte politica chiede il voto dei cattolici. E quei voti non servono soltanto per costituire maggioranze pronte a tradurre in legge i precetti della Chiesa, ma anche per fare altre politiche sociali, ad esempio, per votare leggi contro gli immigrati, contro le politiche sociali, leggi che non sono viste di buon occhio da una parte della Chiesa, ma che sono “tollerate” in nome di una suprema ragion di stato (vaticano).
Anche quando diede il suo sostegno politico al
fascismo, la Chiesa dovette sottostare allo scioglimento delle sue
organizzazioni religiose (l’Azione cattolica), dovette sopportare le Leggi
razziali del fascismo. Anche in questo caso si piegò alla ragion di stato
valutando più i vantaggi che avrebbe tratto dall’abbraccio con il fascismo, che
non gli svantaggi. Ma agendo in questo modo la Chiesa sta rivelando ogni giorno
la sua doppia morale, e, se non nell’immediato storico, tra non molto tempo,
quando sarà palese a tutta l’opinione pubblica, ne pagherà un prezzo altissimo.
In altri termini, sta facendo palesare di avere una morale guidata dalla Ragion
di stato (la difesa degli interessi), e una morale guidata dall’essere un “ente
spirituale”.
Sennonché, in quest’ultimi tempi la seconda appare sempre più
offuscata, mentre l’altra emerge con sempre maggior forza. Diciamo così, per
semplificare: la Chiesa è attraversata da una morale politica (al servizio dei suoi interessi) e da una morale spirituale, e spesso, in nome
della prima è costretta a rimuovere la seconda. In pratica, sacrifica spesso e volentieri la
seconda sull’altare della morale politica.
La morale politica è, tradotta nelle
parole di Sylos Labini, "il piatto di lenticchie": non solo i finanziamenti
alle scuole confessionali, l’esenzione dell’iva delle proprie attività
commerciali, la questione dell'Ici, ecc., ma soprattutto leggi in difesa del suo credo religioso. Ma
dov’è il danno maggiore che la Chiesa sta compiendo con questa doppia morale? Risiede
nel fatto che ha iniettato, in questo ultimo secolo, nella coscienza civile degli italiani questa idea. Buona parte degli italiani che si dichiarano
cattolici cominciano a pensare e ad agire con questa doppia morale: un conto
sono i miei interessi particolari, un conto sono i miei principi morali. E pur
di difendere questi interessi sono disposto a sostenere chiunque, anche quando
quel chiunque contraddice i miei principi morali. Che c'è di male? In fondo, se lo
fa la Chiesa perché non posso farlo anch’io? E poi non è la stessa Chiesa a
dirmi che siamo tutti peccatori? E allora che diritto ho io di giudicare il
prossimo? Se questo prossimo mi torna utile che m’importa se sia un peccatore
incallito? Machiavellicamente, il fine non giustifica i mezzi? E, allora? Quindi,
se questa parte politica continua a garantirmi determinati interessi, per quale
ragione devo pretendere la sua irreprensibilità?
Ecco, ciò che la Chiesa sta
facendo emergere: fragilità della sua autorevolezza morale. Se l’avesse
conservata, direbbe: noi non siamo disposti ad allearci con chicchessia pur di
fare i nostri interessi. Noi abbiamo la nostra autorità e non abbiamo bisogno
di quella civile per sostenerla. O almeno, se c’è qualcuno disposto a farlo
quantomeno la sua condotta dev’essere in linea con la nostra morale. Allora,
anche al cittadino arriverebbe questo messaggio: no, non sono disposto a sostenere
chiunque in cambio della difesa dei miei interessi. Chi difende i miei
interessi voglia che sia una persona la cui condotta s’accordi con i miei
principi morali! Ora, tutto dipende dal fatto se questi interessi sono
interessi leciti o semileciti o illeciti. Nel primo caso, trovare una sintonia
tra gli interessi leciti e la condotta morale di chi li difende diventa
normale. Quando invece questi interessi non sono leciti, non importa sapere quali
sono le qualità morali di chi li difenda. Anzi, meno qualità morali avrà è
meglio è. Anche questo discorso ha una sua coerenza, ma non dovrebbe avere
l’avallo della Chiesa. Invece, accade proprio questo: il cittadino si sente
incoraggiato in questo senso proprio dal comportamento della Chiesa.
Attenzione, l’argomentazione, che ho sviluppato qui laicamente, sarà
prossimamente fatta propria da altre
confessioni religiosi concorrenti, che incalzeranno la Chiesa proprio su questo
terreno. E se non con noi laici, la Chiesa, quando quelle confessioni la
incalzeranno, dovrà farci i conti e arrivare a un atto di chiarimento
cristallino.
1 commento:
La Chiesa non conosce atti cristallini.
Cristiana
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