Negli ultimi vent’anni è in atto un
processo di cui non è facile avere piena cognizione, forse perché lo viviamo dall’interno,
quando, invece, per percepirlo, occorrerebbe una grande capacità di astrazione.
Di cosa sto parlando? Di una mutazione
morfologica in atto riguardante il “principio di strutturazione formale”
che ordina la realtà sociale.
Mutazione morfologica che sta provocando,
nel mondo contemporaneo, una vera e propria rivoluzione epocale. Si tratta di
un processo di lunga durata, che ha tempi “astronomici”, come quelli che si
verificano con la Precessione degli
equinozi, vale a dire con quel movimento della terra che fa cambiare in
modo lento, ma continuo, l’orientamento del suo asse di rotazione rispetto alla sfera ideale delle cosiddette
“stelle fisse”.
Anche l’asse su cui è ruotato la sfera
sociale negli ultimi tempi sta modificando sensibilmente il suo orientamento.
Per adesso, ciò che posso affermare è che questo spostamento (quasi
impercettibile) stia provocando un senso generale di smarrimento, che si
traduce in una visione “caotica” e incomprensibile di quanto accade nella sfera
generale dei rapporti umani e nella particolare sfera dei rapporti quotidiani.
Si sta modificando il “principio di
strutturazione” che ordina e dispone la sfera sociale in un determinato
modo. Questo principio è l’asse che
orienta la sfera sociale. Individuare la natura di questo asse non è cosa
facile. Non si tratta, per esempio, di un dispositivo di ordine cognitivo o
mentale, del quale, anzi, ne è l’effetto. Da un lato, potrei dire che si tratti
di un dispositivo “sociale”, ma, dall’altro, mi rendo conto che così dicendo rischio
di banalizzare un concetto di estrema complessità, o di cadere in una forma di
ragionamento di tipo tautologico.
Ogni ordine sociale può essere disposto
in due modi: o su un asse verticale, quindi in senso gerarchico; oppure su un
asse orizzontale, quindi in senso non gerarchico. Definiamo tale senso ordinante
quale principio di strutturazione: nel primo caso, la realtà sociale si struttura
in modo stratificato e gerarchico. Ogni categoria sociale viene ordinata sulla
base di determinati criteri valoriali, del tipo: “superiore”/“inferiore”,
alto/basso, maggiore/minore; criteri che corrispondono a particolari codici
culturali.
Nel secondo caso, l’asse orizzontale, la
realtà viene strutturata in modo segmentato
e non gerarchico. Il modo in cui la realtà sociale si dispone sull’asse
orizzontale non corrisponde più a criteri valoriali; l’asse orizzontale,
infatti, si caratterizza proprio per l’assenza di ogni criterio valoriale. In
questa dimensione (non gerarchica) ai segmenti non si possono assegnare criteri
valoriali, in quanto sono disposti tutti sullo stesso piano.
L’unico criterio selettivo su cui questo
asse può fondare le sue priorità o la sua importanza è l’ordine della sua lunghezza:
ossia, ogni segmento può essere minore o maggiore dal punto di vista quantitativo.
L’asse verticale comprendeva un
alto/basso (superiore/inferiore); l’altro, invece, comprende soltanto un prima/dopo.
Diciamo che la prima dimensione si distribuiva in senso “qualitativo”; mentre
la seconda si distribuisce in senso puramente “quantitativo”. La prima
dimensione usava o ricorreva a “metafore” qualitative per autodefinirsi; la
seconda utilizza “metafore” quantitative o digitali.
L’utilizzo della diversa distribuzione
della metafora rappresenta ciò che all’inizio ho definito come “principio di
strutturazione” ordinante l’asse della sfera sociale. Quindi, secondo tale principio,
tutto ciò che fa parte della realtà può essere disposto in modo “verticale” (qualitativo)
od orizzontale (quantitativo). Pertanto, anche la scala valoriale, in base alla
quale s’assegna una maggiore o minore priorità, una maggiore o minore
importanza, viene “decisa” dall’orientamento di questo asse. I due assi sono
sempre stati attivi in qualsiasi cultura, tuttavia, sino a qualche decennio fa,
l’asse verticale/qualitativo ancora prevaleva sull’altro. Se prendiamo in esame
le società del passato più remoto possiamo verificare come la prevalenza
dell’asse verticale fosse del tutto evidente e nient’affatto discutibile. In
particolare, in tutte le società patriarcali la sfera dei rapporti umani e non
umani era regolata da una dimensione verticale e gerarchica.
Negli ultimi tempi, invece, il rapporto
tra questi due assi si sta “completamente” rovesciando: tale rovesciamento sta
provocando una rivoluzione epocale di cui, al momento, abbiamo scarsa consapevolezza.
L’axis
mundi, secondo Jan Kott (Mangiare Dio),
è l’asse verticale di tutti i miti, dalla cultura greca a quella ebraica, da
Virgilio a John Milton, e segnava la distinzione tra il sopra e il sotto. L’axis mundi segnava la «geometria del
kratos». Ma l’axis mundi era anche
ciò che assegnava ruoli, posizioni, e disponeva l’ordine dei valori: differenziava
in ogni cultura il bene dal male, il simbolico dal diabolico.
Ognuno regolava il proprio comportamento
in ordine all’axis mundi
interiorizzato, incorporato, e agiva in rapporto a quest’asse. Nella scala
sociale si riconosceva ciò che era importante da ciò che non lo era, ciò che era
prioritario da ciò che era secondario; riconosceva ciò che era superiore da ciò
che era inferiore; ciò che era maggiore da ciò che era minore.
L’axis
mundi era il modo in cui si configurava l’ordine sociale. Ogni nuova
istituzione, ogni nuova forma di comunicazione doveva iscriversi all’interno di
questo ordine: l’università, la scuola, la grande impresa, ecc., riproducevano
al loro interno l’organizzazione verticistica e piramidale dell’axis mundi. La stampa quotidiana, al suo
apparire, organizzava le notizie sulla base del loro ordine valoriale; i
telegiornali davano notizie in ordine alla loro importanza; la scuola distribuiva
le materie scolastiche in base alla loro importanza; le pene erano commisurate
in ordine alla gravità dei delitti; la soddisfazione dei bisogni era realizzata
sulla base delle reali esigenze.
Fin quando l’ordine sociale era in grado
di dare a ciascun membro una scala di valori, in base alla quale orientare il proprio
comportamento, l’ordine era assicurato. Non importa che ciò che ieri sembrava
importante oggi lo è di meno: all’interno di una scala di valori, ciascun
valore poteva cambiare di posto; ciò che ieri era ritenuto marginale oggi può
assumere una sua centralità, e viceversa. Anche se al suo interno, in virtù di
trasformazioni sociali epocali, i posti potevano essere fluidi, scambiabili,
flessibili, tuttavia, essi si disponeva comunque lungo un asse verticale.
Anche questa diversa distribuzione o
assegnazione di posti, dovuta all’evolversi della società, poteva provocare una
forma di spaesamento, in particolare modo quando in essa le trasformazioni avvenivano
in maniera repentina, accelerata rispetto alle capacità di saper interiorizzarle.
Ma l’axis mundi in sé non veniva
affatto incrinato: è sempre lì a dirci come dobbiamo regolarci in base alla
nuova disposizione dell’ordine.
Ciò che ha incrinato in modo inequivocabile
l’asse di rotazione sociale in senso orizzontale è la
rivoluzione digitale. L’introduzione e la diffusione del web, come valore di
scambio in astratto, ha declassato ogni aspetto individuale dell’essere,
rendendolo un elemento generale comune.
Il Web ha sostituito ogni qualità
intrinseca alla cosa con una misura di ordine puramente quantitativo: il traffico. In altri termini, il valore
della cosa non è più determinato dalle sue qualità intrinseche, ma dalla
quantità di traffico che riesce a generare. Il traffico diventa l’equivalente generale per misurare la qualità
delle cose, e ha il potere di “svuotare” del loro nocciolo, della loro
individualità, del loro valore specifico e del loro essere incomparabili o
incommensurabili, rendendo ogni “oggetto” che appare nel web simile ad un altro
oggetto (anche questo mio scritto è sottoposto a questa legge): qualcosa ha valore
se genera traffico.
Allo stesso tempo, quanto più la vita sociale
risulta dominata dalla quantità di traffico che un oggetto riesce a generare,
tanto più efficacemente si imprime a livello di consapevolezza il carattere
relativistico di ogni cosa. Disponendo l’essere delle cose su un piano
puramente quantitativo, viene più facile calcolarne il valore. Ed è proprio la
facilità e la velocità del calcolo a relativizzare il loro essere: infatti, in
virtù di rapporti puramente quantitativi, tutte le cose possono essere comparate
e tradotte simultaneamente in termini di traffico. L’eccesso di comparazione,
inevitabile in un medium dominato dalla quantità, toglie alle cose la loro
intrinseca specificità, e accelera il carattere relativistico delle cose.
Quando tutto
passerà attraverso il web (notizie, rapporti sociali, ecc.) tutto sarà sottomesso
alla tirannia del traffico: la gerarchia delle notizie verrà decisa in termini
quantitativi. Se un evento genera più traffico rispetto a un altro evento assumerà
un’importanza maggiore. Un evento drammatico, accaduto in un luogo lontano, avrà
meno importanza delle gambe divaricate dell’ultima “velina”. Un’azienda ha valore
se genera traffico, e così via…
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