Dove (ammesso che esista un luogo “ideale”) bisogna cercarlo
oggi il dominio? Quale forma ha assunto nell’epoca postmoderna? Non parlo
ovviamente del potere, che è soltanto un’espressione del dominio, ma mi
riferisco direttamente al dominio, ossia a ciò che dispone dell’ordine delle cose.
Noi non percepiscono direttamente il dominio, ma
sempre il potere. Potere vuol dire essere
nella condizione di far fare o di non far fare qualcosa a qualcuno, ma chi
decide la diversa disposizione del potere è l’ordine del domino. Ciò che pone l’essere di questa condizione sono i rapporti di dominio, che assegnano a ciascuna
istituzione, organizzazione o ruolo la posizione in forza della quale diventa
possibile esercitare una qualsiasi modalità di potere.
A una domanda del genere, tempo fa rispose il sociologo
Zygmunt Bauman, nel saggio La società
individualizzata. Come cambia la nostra esperienza. Bauman, richiamandosi alla
riflessione di Michel Crozier sul “fenomeno burocratico”, scrive come Crozier abbia
saputo individuare nell’uso dell’assenza di ordine, cioè nel caos, «l’arma suprema del potere nella lotta per il
dominio». Il dominio si ottiene, scrive Bauman, «da un lato abolendo le
regole che limitano la propria libertà di scelta e dall’altro imponendo il
massimo possibile di regole restrittive alla condotta altrui».
Quindi massimo numero di regole per gli altri e minimo
numero di regole per sé, cioè massimo ordine per gli altri e minimo ordine per sé.
Ma la scoperta di Crozier poteva essere valida per i “sistemi chiusi”, quali
sono gli istituti burocratici. Nell’era della cosiddetta globalizzazione, dove
i processi sono «dotati di moto proprio, spontanei e imprevedibili, privi di
postazione di controllo e di addetti alla pianificazione», questa definizione
del dominio perde di efficacia.
Secondo Bauman, le nuove tecniche di potere, affermatesi
nell’era della globalizzazione, hanno reso superfluo il modello panottico di
controllo sociale – teorizzato a suo tempo da Jeremy Bentham e ripreso, nei
nostri tempi, da Michel Foucault – in quanto «presumeva una relazione di
reciproco impegno tra governanti e governanti»: «La nuova struttura del potere
globale è governata dal contrasto tra mobilità e sedentarietà, contingenza e
routine, rarità e densità di condizionamento» (Bauman).
L’epoca attuale segna la fine del modello disciplinare
praticato nei Panopticon moderni. Il
dominio si annida nel potere di mobilità/immobilità: domina chi ha il potere di
svincolarsi dal tempo e dallo spazio.
Così, domina l’impresa che può smobilitare i suoi stabilimenti e andare a
produrre altrove, non gli operai che sono costretti a rimanere vincolati al
loro territorio. Dominano le organizzazioni leggere che non hanno vincoli
territoriali: «Nel suo stadio pesante, il capitale era inchiodato al suolo
quanto i lavoratori che assumeva. Oggi, il capitale viaggia liberamente,
portandosi dietro il solo bagaglio a mano contenente poco più che una
cartellina portadocumenti, un telefonino cellulare e un computer portatile»
(Bauman). Domina la finanza leggera che può spostare capitali da una parte
all’altra del mondo spingendo un semplice tasto. Domina chi dispone di risorse
maggiori e può vivere dove vuole.
Nell’analisi di Bauman, il dominio ha cambiata forma: il
dominio non si esprime più nel potere di controllo sull’ordine delle cose,
ossia non rimanda più al potere di poter disporre di cose e persone, ma nel
potere di essere nella condizione di poter superare o eludere vincoli: meno
vincoli si hanno per sé, più si è in una posizione dominante. Avere meno
vincoli vuol dire avere più opportunità o maggiori possibilità di scelta. Chi è
nella impossibilità di poter scegliere “dove” vivere, cosa fare, ecc. si trova
in una posizione dominata. Quindi, il dominio reale è sempre meno legato al
potere di controllo e sempre più legato al potere della “decisione”.
Il potere di controllo si esercita in uno spazio e in un
tempo circoscritti. Ma in una condizione in cui vincoli e limiti sono
costantemente superati o elusi, il potere di controllo diventa un potere
obsoleto. Il potere della decisione si configura come il potere della dislocazione.
Di fronte, ad esempio, a una situazione conflittuale, che si crea quando il
potere di controllo perde di efficacia, il potere della dislocazione (di essere
altrove) offre la possibilità di eluderlo.
Pertanto, nell'epoca attuale domina non chi sa imporre la propria visione del
mondo con la forza e la violenza, ma chi è in grado, potendosi sottrarre alla
situazione conflittuale, di imporre le proprie condizioni di vita con la forza della decisione. Chi ha dunque
la forza di decidere dove allocare le proprie risorse, economiche o
finanziarie, gode della posizione dominante, dal momento che, in caso di
situazione conflittuale con la forza-lavoro, con le forze sindacali, con le
forze statali, ha la possibilità di sottrarsi al conflitto, andando a produrre
altrove dove esistono meno restrizioni sindacali o fiscali. Infatti, la maggior
possibilità di potere decisionale implica una minor possibilità di entrare in
conflitto con l’altro. Tale posizione dominante ha il potere di imporre con la
forza della decisione vincoli a chi è priva di questa forza. Pertanto, chi si
trova nella posizione dominata è costretto a subire ulteriori restrizioni alle
sue libertà e a condividere con chi si trova nella medesima posizione lo spazio
ridotto delle sue libertà di scelta.
La stretta vicinanza tra agenti e gruppi sociali genera una
maggiore situazione conflittuale alla quale non si hanno possibilità di
sottrarsi. Il ricorso, pertanto, alla violenza, data la stretta vicinanza tra
gruppi vincolati alla stessa condizione, diventa uno sbocco inevitabile della conflittualità,
in quanto resta l’unica possibilità di scelta a chi non ha la possibilità di
trovare altre soluzioni ai suoi problemi. Il conflitto diventa una condizione
permanente interna ai gruppi sociali privi di potere di dislocazione, e tenderà
ad essere decisamente sempre più accentuato. Insomma, coloro che non hanno la possibilità di muoversi o spostarsi, di vivere altrove, finiscono con lo scontrarsi tra loro, in quanto gli spazi di libertà e le scarse risorse sociali tendono a subire maggiori restrizioni, e diventano, di conseguenza, oggetto di contesa tra le parti dominate.
La diversa dislocazione del
dominio comporta delle nuove dinamiche all’interno dei gruppi dominati: in
primo luogo, assisteremo a un incremento della violenza privata come soluzione
del conflitto.
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