venerdì 13 gennaio 2012

...dietro la banalità di divieti innocui



Al filosofo Roberto Escobar...

… l’anno nuovo è appena cominciato, e per fortuna ancora non sono emerse nelle cronache giornalistiche notizie riguardanti fatti eclatanti di discriminazione. Sì, perché in Italia abbiamo l’insana abitudine di sollevare talune questioni soltanto quando vi sono fatti brutali da schiaffare in prima pagina, allora scattano analisi su analisi, domande su domande per giorni e giorni, fino a che l’argomento si satura e quindi non si ha passa a parlare d’altro…
certi fenomeni vengono presi in considerazione soltanto quando hanno un che di spettacolare...
…eppure, alcuni meccanismi discriminatori sono sempre in atto, quotidianamente, se non li vediamo è perché non siamo in grado di riconoscerli, e non perché non esistono…
Vengono alla luce soltanto quando diventano eclatanti, espliciti, chiari ed evidenti…
A quel punto, è difficile ignorarli, far finta che non esistono e girarsi dall’altra parte…   
Per provare quanto sostengo, chiediamoci ad esempio: perché nell’ultimo decennio appena trascorso sono apparse, specialmente nelle città del Nord, una serie di «ordinanze» comunali che imponevano una casistica di restrizioni e di divieti?
Molte di queste ordinanze stabiliscono il divieto di sdraiarsi sull’erba dei parchi pubblici, di lavarsi alle fontane, di fare pic-nic sui prati, di dormire di notte sulle panchine…
Ordinanze innocue, all’apparenza, non indirizzate, almeno in modo esclusivo agli immigrati. Soltanto in alcuni casi si trova qualche riferimento esplicito, ma passano del tutto inosservati…  
Com’è che all’improvviso i nostri sindaci ebbero questo forte impulso all’ordine e alla pulizia? Non importa che alcune città siano immerse nella spazzatura, l’importante è che gli “stranieri” non usino i prati per far picnic o che usino le fontane pubbliche per lavarsi…
E sì, perché un residente non va a fare i picnic sui prati né usa le fontane pubbliche per lavarsi al mattino…
Certo, il divieto vale anche per loro, ma loro non hanno bisogno di questo divieto…
A cosa serve allora un divieto del genere, a chi è indirizzato e cosa implica soprattutto?
Ogni divieto segnala ciò che bisogna “escludere” dal proprio comportamento per essere incluso in una comunità. Segnala ciò che non deve far parte delle proprie abitudini quando si vuole far parte di una particolare comunità. Più i divieti, le proibizioni si moltiplicano e più si rafforza il senso di appartenenza all’interno di una data comunità, a un dato consorzio umano…
Vietare di servirsi di parchi pubblici vuol dire rendere quegli spazi non disponibili ad essere fruibili a chi non fa parte della comunità. Poco importa che l’Estraneo, prima dell’ordinanza di divieto, usasse o non usasse quello spazio pubblico. Prima dell’ordinanza magari l’Estraneo neanche accedeva a quegli spazi, sebbene ne avesse la facoltà. Il problema non è sapere se quegli spazi erano o non erano frequentati da quella categoria di persone appartenenti allo status di “straniero”, il problema è come si traduce questa non-disponibilità resa possibile dall’ordinanza per l’Estraneo.
Attraverso questi divieti si sottrae all’Estraneo un ambito precedentemente disponibile. Maggiori sono i divieti maggiori diventano le restrizioni. Maggiori sono le restrizioni maggiori sono le possibilità di poter individualizzare l’Estraneo. L’aspetto più importante da cogliere sta proprio nel fatto che più si riducono gli ambiti per il Sé altrui più l'altro diventa identificabile. E lo si identifica non come persona, bensì come categoria sociale, vale dire come “emarginato”, come “estraneo”, "straniero"…
Ogni divieto segnala un’alterità o una differenza: vale a dire ha la funzione di rimarcare i comportamenti o gli agenti che sono estranei a quel determinato ambito. Perciò divieto pone una presa di distanza rispetto all’altro, a chi è diverso, è estraneo. Senza divieto ci sarebbe “assimilazione”, indifferenziazione…
Lo stesso accade se non ci fossero confini artificiali…
D’altro canto, anche chi è il bersaglio dell’ordinanza deve rispettare la regola: l’ambito deve essere percepito come estraneo al proprio Sé, e quindi deve rendersi consapevole che per essere ammesso dovrebbe assimilarsi al punto di vista di chi ha posto la regola. Detto in altri termini, la regola escludente serve ad affermare la diversità dell’altro rispetto al proprio Sé.
Spesse volte la motivazione che accompagna un divieto o una proibizione di questo tipo fa uscire allo scoperto la rappresentazione che si ha dell’altro o, come ho detto, si tenta di farlo rientrare nella categoria a cui si crede che l’altro appartenga. Se una ordinanza vieta agli stranieri di usare i parchi pubblici per motivi di “ordine pubblico”, siamo di fronte a una regola escludente e discriminante: l’essere straniero è uno status, non è una scelta...
Dopodiché diventa più facile caricare questa categoria di altre connotazioni negative fino ad essere descritto e percepito come un potenziale pericolo per la comunità, cioè a configurarla secondo l’immagine più appropriata che si ha dell’Altro…

3 commenti:

oude ha detto...

Caro Bruno,
vedo che sei tornato ai temi social-filosofici che ti sono cari. Me ne rallegro perché anche a me stanno a cuore
ti faccio subito qualche rilievo tanto per abbozzare un dialogo, dopo un po' di tempo che non ci sentiamo.
So che non sei tendenzialmente “complottista” e quindi prendo le tue parole per quello che valgono: una serena analisi di un fenomeno sociale emerso di recente, come le ordinanze dei sindaci
tu le vedi in chiave di strumento di esclusione di alcune categorie di cittadini, in qualche modo svantaggiate e citi ad emblema “Gli Estranei”; la non dissimulata ostilità verso “i non appartenenti” la vedi espressa nel “divieto” che servirebbe a “rendere quegli spazi non disponibili ad essere fruibili a chi non fa parte della comunità ”
a me sembrano solo provvedimenti di contenimento del degrado (ahimé!) inarrestabile in cui sono precipitate le nostre città proprio dall'ultimo “decennio” (per non dire ventennio) cui tu fai risalire l'assenza quasi totale di questi provvedimenti in parte di ordine pubblico in parte di costume
certamente il fattore “Estranei” risulta una componente di questo degrado urbano, anche e soprattutto perché mai affrontato con la necessaria volontà di risolvere i problemi anziché semplicemente eluderli
vietare ai cittadini, tutti, comportamenti poco decorosi non significa escludere nessuno, ma occorrerebbe certo che il divieto venisse sostenuto da un'opera capillare di “educazione civica” che purtroppo non viene nemmeno più insegnata nelle scuole
il divieto di ridurre i parchi ad immondezzai è rivolto a tutti quei cittadini che non riescono a considerare la “cosa pubblica” come casa loro, da difendere da cattivi comportamenti “a prescindere” (direbbe il tuo caro Totò)

oude ha detto...

è chiaro, ed hai ragione di sottolinearlo, che i più disagiati possono avere più difficoltà a considerare come “propria” una città che non offre loro se non i margini in cui nascondersi, ma allora bisogna spostare l'attenzione dal divieto (che ritengo legittimo anche per i nuovi venuti, che gradualmente dovrebbero apprendere oltre alla lingua anche gli usi “giusti” del luogo che li ospita) alla mancanza di lungimiranza dei governanti le città che dovrebbero essere spinti a cercare di fornire quei servizi essenziali, a costi sostenibili e accessibili a tutti, che potrebbero consentire anche a chi non ha una vera casa, come la intendiamo comunemente, di poter provvedere al proprio decoro senza ricorrere all'uso delle fontanelle, dei prati o delle panchine
quindi, senza nulla togliere alla tua bella riflessione, ti invito ad essere meno pessimista sulle “intenzioni ad excludendum” (che hanno un sapore di razzismo strisciante, mentre solitamente sono indice di banale stupidità) sperando che il cambio di passo dell'attuale governo possa portare a riflessioni e interventi “socialmente utili” che promuovano ogni forma di integrazione (difficile, ma indispensabile), meglio che per il passato
un cordiale saluto

scaglie poetiche ha detto...

Ciao, Oude, effettivamente, in questi ultimi tempi, mi piace concentrare l'attenzione sulle dinamiche del potere e del dominio...
tu "leggi" questi provvedimenti come fattore di contenimento del degrado urbano...
non è un caso che ho ricordato che questa mania di proibire si sia presentato negli stessi anni in cui alcune città erano (e sono) immerse dalla spazzatura, e non ho fatto neanche differenza tra le giunte di vari colori...
quando guardo vecchi documentari e inchieste televisive degli anni sessanta o settanta mi rendo conto di cosa fosse il degrado urbano o la grande speculazione edilizia, quando nascevano degli immensi quartieri senza alcun tipo di servizi...
la salvaguardia del decoro urbano è la giustificazione che viene data a queste ordinanze; non c'è dubbio; proibire a un gruppo di mangiare su un prato, senza dubbio viene giustificato in questo modo, ma è anche un modo per evidenziare o segnalare che esiste un gruppo che mangia sul prato, in tal modo ciò che prima era invisibile diventa con tale ordinanza visibile; ad esempio, se un comune, dopo aver messo a servizio di alcuni cittadini, dei ritrovi dove poter far picnic, accompagnasse tale misura con dei provvedimenti che proibisce ecc., allora darei a tale provvedimento una lettera diversa...
ma se si fa di tutto per far vivere alcune persone in una situazione di degrado, negando loro ogni elementare servizio (o diritto), e poi si prendono provvedimenti per rimediare a questo degrado, la cosa mi "puzza" un po'...
nella Germania dei primi anni hitleriani, il regime cominciò a prendere tutta una serie di provvedimenti che vietavano agli ebrei atti o cose fino a quel momento pacificamente normali... anche in quel caso si mise in atto una serie di proibizioni che degradassero la condizione di un cittadino di razza ebraica; proibizione dopo proibizione, arrivare alla soluzione dello "sterminio" per gli stessi tedeschi diventò una decisione più facile da accettare...
i meccanismi descritti non valgono soltanto per il nostro paese, ma per ogni situazione dove si presentano tali meccanismi discriminatori...
a presto

A mio fratello Vincenzo...

La mia anima serena come luce che penetra nel cosmo non arriva mai a una meta, ma viaggia solitaria in mezzo a tante nebulose planetarie, e ...