È sufficiente che delle persone siano accomunate da uno o più tratti per tracciare un cerchio e costituire una comunità.
Un cerchio ha senso se ha un “centro”. Mentre gli altri si dispongono intorno, in mezzo al cerchio ci deve essere un centro verso cui gli sguardi convergono e che tiene coesa la comunità.
Un cerchio ne può comprendere altri al suo interno. Cosicché la loro gerarchia si distribuisce in relazione alla vicinanza/distanza dal centro. Il centro dunque rappresenta il nucleo della comunità. Le circonferenze, invece, rappresentano i confini e costituiscono una gerarchia.
Tra centro e circonferenza si stabilisce lo stesso rapporto dialettico che sussiste tra il padre e i fratelli, oppure tra l’ineguale e gli uguali. I “fratelli si dispongono intorno al cerchio, mentre il “padre” è posto al centro. Tra gli “uguali”, disposti intorno alla circonferenza, deve esistere una relazione indistinta. Alcuni possono essere maggiori, e disporsi sulla circonferenza più vicina al centro, altri minori, e disporsi sulla linea della circonferenza più distante dal centro, comunque rimangono sempre nei limiti delle rispettive circonferenze.
Ognuno sorveglia il proprio vicino affinché non travalichi la linea della circonferenza e non si proietti verso il centro. Le circonferenze sono linee invisibili: esistono, ma non si vedono.
Lo stare vicino al centro può essere deciso da criteri diversi: l’età (o l’anzianità), il merito (o i titoli), la parentela, la simpatia, lo zelo, ecc. A decidere il criterio di prevalenza è la forma della comunità, ma anche il tipo di centro che si è costituito.
La mancanza di centro predispone la comunità alla diaspora, quando il vuoto permane e non viene immediatamente colmato. Mentre la mancanza di riconoscimento del centro da parte dei loro membri li predispone all’espulsione dalla comunità.
Quando all’improvviso il cerchio perde il centro, la circonferenza più vicina tende immediatamente di collocarsi al centro al fine di evitare il vuoto di potere. Ma non tutti i membri della circonferenza più vicina al centro vacante possono costituire il centro. Occorre una selezione interna. Si apre così all’interno della circonferenza più vicina al centro una lotta di potere. Dopo un breve periodo di tregua, durante il quale ognuno cerca di saldare alleanze e stringere nuovi patti di fedeltà, si apre una spietata lotta per conquistare il centro.
Nelle linee gerarchiche delle circonferenze si crea una fase di scombussolamento: ogni membro, se fa la scelta “vincente” può passare sulla circonferenza più vicina al nuovo centro. Ci sarà dunque un rimescolamento di carte.
Perché i vuoti di potere sono costantemente riempiti da una triade? Tra i due “veri” competitori s’insinua sempre un “terzo”, che ha il compito di impedire che la lotta per il potere possa sconfinare nella “rottura” della comunità. Il “terzo” fa da barriera nello scontro diretto tra i due reali competitori. Ha la funzione di mediare durante il periodo di tregua. I due veri competitori, rispetto al centro di potere precedente, incarnano la figura del “critico” e del “fedele”, e quindi rappresentano rispettivamente l’elemento di “rottura” o di “continuità” con il vecchio centro. Se il vecchio centro scompare in gloria, a vincere sarà la fedeltà o la continuità, se, invece, finisce in modo inglorioso, vincente sarà la figura critica e quindi la discontinuità.
2 commenti:
Non oso pensare cosa possa esserci in quel centro senza dubbio mefitico.
Spero che il "poliziotto buono e quello cattivoì" si scornino fra di loro.
Cristiana
Per cambiare il mondo bisogna far crollare il cerchio.
Saluti a presto.
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