tag:blogger.com,1999:blog-30849846811259440212024-02-19T03:26:05.177+01:00Scaglie poeticheScrivo per difetto - L'avventura d'una scrittura scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.comBlogger223125tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-35413773410150364222022-06-24T15:57:00.005+02:002022-06-24T15:58:57.890+02:00A mio fratello Vincenzo...<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="background-color: white; color: #050505; white-space: pre-wrap;">La mia anima serena come luce che penetra nel cosmo non arriva mai a una meta, ma viaggia solitaria in mezzo a tante nebulose planetarie, e si lascia incantare dai colori sfavillanti delle stelle, le Pleiadi, Orione, Omega, Clessidra… nomi dai suoni così belli, che a sentirli vibrare insieme mi sembra d’ascoltare il coro dei miei anni.</span></span></p><div dir="auto" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; text-align: justify; transition-property: none; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E in quella luce così viva, così intensa, che viaggia dentro il firmamento, a volte vi rivedo il volto antico dei miei avi.</span></div><div dir="auto" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; text-align: justify; transition-property: none; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Perché non polvere tu sei, ma luce che riluce nello sguardo solitario di una stella...</span></div><div dir="auto" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; text-align: justify; transition-property: none; white-space: pre-wrap;"><br /></div><div dir="auto" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; text-align: justify; transition-property: none; white-space: pre-wrap;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/JKMjadMKKpk" width="320" youtube-src-id="JKMjadMKKpk"></iframe></div><br /></span></div><div dir="auto" style="animation-name: none; background-color: white; color: #050505; text-align: justify; transition-property: none; white-space: pre-wrap;"><br /></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-52156943660856392182022-02-27T19:39:00.003+01:002022-02-27T19:39:38.080+01:00“Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia” (Giordano Bruno)<p><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><span style="background: white;">“</span>Non è la materia che genera il pensiero, è il pensiero che genera la materia” (Giordano Bruno).<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p>
<span style="line-height: 107%;"><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">È una bella frase: efficace, intrigante, rivoluzionaria.
Questa frase attribuita a Giordano Bruno è presa e ripresa nella rete un centinaio
di volte. Su questa frase ho letto centinaio di commenti e di interpretazioni. Tutte
interessanti. Purtroppo, però, non ho letto quando, in che opera e in quale
contesto il Nolano l'abbia scritta. La rete funziona così: estrapola da
tutto un contesto di significati una sola frase e poi quella frase fa il giro
del web, e le si attribuisce una molteplicità di significati che alla fine sono
ben distanti dall’autore in questione. Nessuno si cura di verificare l’attendibilità
della fonte. Così mi è capitato di leggere frasi di Platone, Aristotele, o Sant’Agostino
che talvolta mi hanno lasciato un po’ perplesso. Mi son chiesto: possibile che
questa frase sia stata davvero scritta da un Platone o da un Aristotele? In mancanza
di ogni rimando alla fonte, purtroppo a volte il dubbio può sorgere. Ora io pur
non considerandomi un esperto della nolana filosofia, una qualche domanda me la
sono posta: quella frase è stata scritta in latino o in volgare? Diciamo così,
è una frase scritta in un linguaggio troppo vicino al nostro per essere di
Giordano Bruno. Naturalmente, sempre felice di essere smentito da chi conosce a
fondo l’opera del Nolano.</span></div></span>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-56175109572222353712022-02-26T21:57:00.002+01:002022-02-26T22:13:12.408+01:00Scribacchini da strapazzo, alla Alfonso Berardinelli!<p><span style="font-size: large;"> E basta!</span></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Non vi sopporto più scribacchini da strapazzo, critici della carta stampata e improvvisati critici della domenica e del sabato sera. Penne che continuano a intingere l'inchiostro nel vecchio calamaio. Gente che non sa andare oltre la punta del suo naso. Ma sì, Fenoglio, Pasolini, Manganelli e Chiaramonte come recita un certo Alfonso Berardinelli, sul Foglio, e poi il nulla, il vuoto. Bravo Berardinelli, hai fatto un bel compitino. Applausi! tanti! e poi ti dico: ma mi faccia il piacere. Tu che leggi soltanto ciò che gli altri leggono. Tu che scrivi soltanto di ciò che gli altri scrivono! Tu che vedi soltanto ciò che tutti gli altri vedono! Ma sì, scribacchini del sabato sera, ma anche della domenica mattina, continuate così, continuate a non vedere ciò che non riuscite a vedere e, soprattutto, a non capire. Forse vi è troppo difficile sopportare un peso che non riuscite a portare.</span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-26568634192879108292022-02-20T18:04:00.001+01:002022-02-20T18:12:57.807+01:00Post "geniale": #Belen<p><span style="font-size: large;">Lasciate che mi sbrodoli da solo, ma questo post era davvero geniale:</span></p><p><span style="font-size: large;"><a href="http://lit-web.blogspot.com/2013/04/belen-rodriguez-e-la-nascita-del-figlio.html?view=timeslide">Belen Rodriguez e la nascita del figlio (racconto mediale)</a></span></p><p><br /></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-90275012586124236042022-02-20T09:21:00.003+01:002022-02-20T14:58:54.065+01:00Alberto Casadei, litweb, letteratura e web<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi67AhIRLjLa_0cnnRUKJdzCepiV4sx2ht_rkl2UHlh7aaGUv1OvczOTBaHc5Vz9-vvvDnTA6RGbVjihzfrKROC8H3RXHbghB3N0FgbrTx9_0P_thbtz6t-RKh0w0l3RA4J8sXMKyxhqqyT99MVkPRA75hFryaFyQGC5jMnIyJtwKM8YdCPNbByFrqcQA=s210" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="207" data-original-width="210" height="207" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi67AhIRLjLa_0cnnRUKJdzCepiV4sx2ht_rkl2UHlh7aaGUv1OvczOTBaHc5Vz9-vvvDnTA6RGbVjihzfrKROC8H3RXHbghB3N0FgbrTx9_0P_thbtz6t-RKh0w0l3RA4J8sXMKyxhqqyT99MVkPRA75hFryaFyQGC5jMnIyJtwKM8YdCPNbByFrqcQA" width="210" /></a></div><p></p><p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">A distanza di più di dieci anni, posso rivendicare il merito
di essere stato il primo autore sul web a indicare, precisare e coniare il
termine litweb, ossia di tutta quella “letteratura” (che oggi definirei “scrittura”)
generata per la prima volta sul web. Lo dico perché mi è capitato di leggere sul
portale dell’<i>Enciclopedia Treccani</i> la voce <i><a href="https://www.treccani.it/enciclopedia/letteratura-e-web_%28Enciclopedia-Italiana%29/">Letteratura e web</a></i>
(2015), firmata da Alberto Casadei, in cui si parla, appunto, di litweb, o,
come preferisce scrivere l’autore, di Lit-web. Scrive Casadei: «È sempre più
frequente la realizzazione di testi, anche a più mani, attraverso i forum
letterari creati nel web in appositi blog o in pagine dei social network: si
parla allora di Lit-web, ovvero di una letteratura nata e pensata
specificamente per la rete Internet, che a volte viene poi trasposta in libri
autopubblicati (<i>self publishing</i>) oppure stampati da editori
tradizionali, ma che più spesso resta consultabile solo on-line». No, «non <i>si</i>
parla»: quel “si” impersonale non corrisponde affatto alla realtà dei fatti:
chi ha cominciato a parlare nel lontano 2011 di Litweb, a scrivere “post” su
questo nuovo fenomeno social-letterario, ha un nome e un cognome. Chi ha
cominciato a parlare non più di “letteratura”, ma di “scritture”, chi ha
cominciato a distinguere lo scrittore dall’autore, chi ha, infine, preso
coscienza del fatto che le “nuove scritture” più che la lingua espressiva avrebbero finito con il coinvolgere la struttura stessa del linguaggio, ebbene, chi ha
cominciato a ripensare tutto un modo di fare letteratura è stato il
sottoscritto. Un ordinario di letteratura italiana all’Università di Pisa, nonché
Accademico delle Patrie lettere, qual Alberto Casadei è, queste cose elencate dovrebbe
saperle, e non fingere di ignorarle, o ammantarle sotto un “si” impersonale. Che
non mi voglia dare nessun riconoscimento posso anche comprenderlo: lui è un autorevole
docente universitario, mentre io sono uno dei tanti “autori” apparsi sul web.
Comunque, se il professor Casadei volesse approfondire il tema della Litweb gli
è sufficiente digitare su un qualsiasi motore di ricerca il mio nome e cognome e
scrivere accanto “litweb”. Magari potrebbe anche apprendere qualcosa di nuovo
sulla litweb.</span><o:p></o:p></p><p style="text-align: justify;"> </p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-64594036117910957082022-02-19T17:16:00.003+01:002022-02-19T19:02:06.455+01:00Io e Italo Svevo<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhdoVWrLBmqVhQIFY2RsrACpgDia0vtTq2au4oJ9QUOADdBMDer0Mk8g9TX43kcccTTcYX1g4WNkpC0k-VggiGroK1QQIgQpjhf00Gp7PPQbyTzGmsAakWFCrr0ZeOchuJztZYREtGyEN-bwbEX7hqymNJjyx_QkstiFHVRUlONyAzRzu9hbJoIzbgWlQ=s3264" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3264" data-original-width="2448" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhdoVWrLBmqVhQIFY2RsrACpgDia0vtTq2au4oJ9QUOADdBMDer0Mk8g9TX43kcccTTcYX1g4WNkpC0k-VggiGroK1QQIgQpjhf00Gp7PPQbyTzGmsAakWFCrr0ZeOchuJztZYREtGyEN-bwbEX7hqymNJjyx_QkstiFHVRUlONyAzRzu9hbJoIzbgWlQ=s320" width="240" /></a></span></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><div style="text-align: justify;">Aspetto anch’io che «uno scadente poeta irlandese abitante a Trieste»,
che «uno scadente poeta di Parigi, Valéry Larbaud», e che un critico di cose
francesi, che conosce pochissimo di cose italiane, quale il Crémieux, «fra
gente che non ne conosce nulla», s’accorgano della mia scrittura. Se aspetto qualche
vero conoscitore di cose letterarie, quale Giuseppe Ravegnani, allora la mia
scrittura continuerà ad essere incerta e sfocata, chissà, magari persino
trasandata. Se, invece, mi dovesse capitare di essere giudicato dalla
pungente penna di un Umberto Morra, allora non avrò davvero scampo: tutta la
mia scrittura si rivelerà una mastodontica burla, o meglio un fallimento
annullato. Se poi un giorno dovesse arrivare un Eurialo De Michelis, allora per
la mia scrittura sarà la rovina: egli potrebbe arrivare persino a dire che essa
è opprimente e ripetitiva, perché s’interessa di storie ma si comporta come se a
quelle storie in realtà non fosse affatto interessata. No, Attilio Momigliano
proprio no! Per lui la mia scrittura sarebbe il frutto di uno psicologismo
arido, estraneo alla poesia. Questo proprio non se lo merita la mia scrittura. Neppure con un Natalino Sapegno o un Giuseppe Petronio la mia scrittura potrebbe
salvarsi, perché non sa trovare uno sbocco positivo.</div></span><p></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-41231675942156922642022-02-12T19:52:00.001+01:002022-02-12T19:52:46.838+01:00Nel mar morto delle scritture<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjiqQIRhpJSKIfviQgioljDPIKwDUBQqla9blmfHv2kEyjzu9oyHRus_aSn7_l-maMgRaWVkXIZ6OlHrE6Uc9RxMQkbbBCWo0aQ1TdiLcyr2RUm-F5IbJzKfRw9e6f0EVdnHVHhCxJ41TJcIgqO8DpupVVClo7gzrzk5hivA6lc8t7xS_B29pYssqCpnQ=s640" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjiqQIRhpJSKIfviQgioljDPIKwDUBQqla9blmfHv2kEyjzu9oyHRus_aSn7_l-maMgRaWVkXIZ6OlHrE6Uc9RxMQkbbBCWo0aQ1TdiLcyr2RUm-F5IbJzKfRw9e6f0EVdnHVHhCxJ41TJcIgqO8DpupVVClo7gzrzk5hivA6lc8t7xS_B29pYssqCpnQ=w289-h217" width="289" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Il mondo dell'editoria è sommerso di libri. La blogsfera è invasa di parole. In questo magna tutto tende ad appiattirsi, a naufragar nel mare morto delle lettere. Il pericolo di appiattimento è dietro l'angolo. Leggiamo e facciamo scorrere le parole in modo sempre più veloce. Saltiamo da un articolo all'altro, da una pagina all'altra con grande disinvoltura. Non abbiamo più il tempo e l'agio di soffermarci su ciò che leggiamo. La rapidità di lettura s'impone. Cosa sta succedendo al nostro cervello ancora non ci è chiaro. Cosa sta succedendo alle nostre facoltà emotive ci è del tutto ignoto. Forse è venuto il momento di riflettere un po' di più sugli effetti di questa deriva cognitiva. E qui mi fermo, perché se scrivo troppo è sicuro che nessuno mi leggerà! </span></div><span style="font-size: large;"> </span><p></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-5065713280405935362022-02-07T16:53:00.002+01:002022-02-07T16:56:54.054+01:00Sfiorirà l'aspirapolvere? Sulla narrativa addomesticata dei nostri tempi: Castaldi, Di Grado, Veladiano (marzo 2013)<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjvqTIFCpovXcN3C2rUzyLIfBAHn7xYRgiX7FEAuzRVyEWFUkF5zLxJs25ltFoyjEkrNRLcCE-2Ra6AlxDnSMbnicxtDsMNoG8xBkOYierZcgXrVLwCM-d4IOZKyUcOi0U4kmjaiV0G0aotNLybvqmxjZkX2DzZbmNYhMeYtI_P00rGY_3X0mca04phwg=s265" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="265" data-original-width="190" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjvqTIFCpovXcN3C2rUzyLIfBAHn7xYRgiX7FEAuzRVyEWFUkF5zLxJs25ltFoyjEkrNRLcCE-2Ra6AlxDnSMbnicxtDsMNoG8xBkOYierZcgXrVLwCM-d4IOZKyUcOi0U4kmjaiV0G0aotNLybvqmxjZkX2DzZbmNYhMeYtI_P00rGY_3X0mca04phwg=w287-h400" width="287" /></a></div><p></p><p><span style="box-sizing: border-box; color: #212121; font-family: Bitter; font-size: 14pt; font-variant-ligatures: none; text-align: justify; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;">Nel Marzo 2013 scrissi questo post: </span><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; font-size: 14pt; font-variant-ligatures: none; text-align: justify; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;"><a class="XqQF9c rXJpyf" href="http://www.google.com/url?q=http%3A%2F%2Flit-web.blogspot.com%2F2013%2F03%2Fsfiorira-laspirapolvere-sulla-narrativa.html&sa=D&sntz=1&usg=AFQjCNHywvPKtpvmrh-cQQIqTmH8xvt_Pg" style="box-sizing: border-box; pointer-events: all; text-decoration-line: none;" target="_blank">Sfiorirà l’aspirapolvere? Sulla narrativa addomesticata dei nostri tempi: Castaldi, Di Grado, Veladiano</a>, che adesso è possibile leggere in </span><span class="aw5Odc" style="box-sizing: border-box; color: #006580; font-family: Bitter; font-size: 14pt; font-variant-ligatures: none; text-align: justify; text-decoration-line: underline; vertical-align: baseline;"><a class="XqQF9c" href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/libri-di-bruno-corino" style="box-sizing: border-box; pointer-events: all; text-decoration-line: none;"><em style="box-sizing: border-box;">Per un'idea letteraria</em></a></span><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; font-size: 14pt; font-variant-ligatures: none; text-align: justify; text-decoration-line: inherit; vertical-align: baseline;">. Io penso che nonostante siano trascorsi diversi anni, le cose che sostenevo allora in quel post siano tuttora di una attualità lampante (o allarmante):<span></span></span></p><a name='more'></a><p></p><p class="CDt4Ke zfr3Q" dir="ltr" style="border-color: initial; border-style: none; border-width: initial; box-sizing: border-box; color: #212121; font-family: Lato, sans-serif; font-variant-ligatures: none; line-height: 1.548; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; position: relative; text-align: justify; text-decoration-line: inherit;"><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: medium;">Che l’aspirapolvere, semplice oggetto d’uso domestico, potesse un giorno aspirare a divenire espressione di tutta una tendenza narrativa ha davvero del miracoloso. Eppure, contro ogni aspettativa, è accaduto proprio ciò. Per verificare la veridicità è sufficiente sfogliare in libreria qualche romanzo e leggere quanto c’è scritto in seconda copertina.</span></span></p><p class="CDt4Ke zfr3Q" dir="ltr" style="border-color: initial; border-style: none; border-width: initial; box-sizing: border-box; color: #212121; font-family: Lato, sans-serif; font-variant-ligatures: none; line-height: 1.548; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; position: relative; text-align: justify; text-decoration-line: inherit;"><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: medium;">Leggo l’incipit di <i>La fame delle donne</i> di Marosia Castaldi: «Una donna in una casa appartata passava l’aspirapolvere ogni mattina Vedevo nella sua sorte riflessa la mia via Passavo il tempo come lei a pulire e cucinare per la famiglia Avevo una figlia grande che viveva ancora in casa». Come si può notare, andando avanti nella lettura, l’aspirapolvere, passando e ripassando, ha aspirato tutta la punteggiatura! Così il lavoro risulta più pulito e ordinato.</span></span></p><p class="CDt4Ke zfr3Q" dir="ltr" style="border-color: initial; border-style: none; border-width: initial; box-sizing: border-box; color: #212121; font-family: Lato, sans-serif; font-variant-ligatures: none; line-height: 1.548; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; position: relative; text-align: justify; text-decoration-line: inherit;"><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: medium;">Probabilmente, la figlia grande che viveva ancora in casa si chiama Camelia, la protagonista di <i>Settanta acrilico trenta lana</i> di Viola Di Grado, che anziché tradurre manuali di istruzioni per aspirapolveri, traduce quelli per lavatrici. Comunque si tratta sempre di elettrodomestici. In questo romanzo conosceremo il punto di vista di una figlia, nell’altro, invece, quello di una madre. Se vogliamo avere una descrizione più dettagliata di questa figliola, dobbiamo aprire un terzo romanzo, <i>La vita accanto</i> di Mariapia Veladiano. In realtà, la protagonista di questo romanzo potrebbe essere sia la donna della porta accanto del romanzo della Marosia, quella che passa tutte le mattine l’aspirapolvere in casa, che la figlia della donna che passa il tempo a fotografare i buchi (una donna addomesticata non è tale se non coltiva nella vita almeno un’ossessione). Fatto è che questa figliola è “brutta, è proprio brutta”.</span></span></p><p class="CDt4Ke zfr3Q" dir="ltr" style="border-color: initial; border-style: none; border-width: initial; box-sizing: border-box; color: #212121; font-family: Lato, sans-serif; font-variant-ligatures: none; line-height: 1.548; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; position: relative; text-align: justify; text-decoration-line: inherit;"><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: medium;">«Rosa è una donna tormentata alla ricerca di sé»: chi mai sarà questa donna tormentata? La ragazza brutta, quella abituata a vivere sempre in punta di piedi, «sul ciglio estremo del mondo»? oppure è la donna raccontata dalla Di Grado, quella che vive con la madre traducendo manuali di istruzioni? Ma potrebbe essere la madre della Castaldi, quella che si tiene la figlia dentro le pareti domestiche.</span></span></p><p class="CDt4Ke zfr3Q" dir="ltr" style="border-color: initial; border-style: none; border-width: initial; box-sizing: border-box; color: #212121; font-family: Lato, sans-serif; font-variant-ligatures: none; line-height: 1.548; margin: 0px; outline: none; padding: 0px; position: relative; text-align: justify; text-decoration-line: inherit;"><span style="box-sizing: border-box; font-family: Bitter; vertical-align: baseline;"><span style="font-size: medium;">In fondo, questi diari si somigliano un po’ tutti: quantunque le autrici appartengano ad ambiti regionali distanti, usano più o meno lo stesso linguaggio, gli stessi ritmi narrativi, le stesse ambientazioni domestiche, fanno lo stesso uso addomesticato della scrittura, la usano appunto come un’aspirapolvere, per creare un ambiente domestico pulito e ordinato. Mi chiedo, allora, è possibile fare a meno dell’aspirapolvere? È possibile uscire dalle pareti domestiche e osservare cosa c’è al di là? Oppure non ci resta che rimanere chiusi in queste strutture addomesticate e asfittiche?</span></span></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-58829129928103376212022-01-30T10:46:00.003+01:002022-06-12T06:56:04.734+02:00il mio sito web: Letteratura e altro ancora<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEihQFgIZhmA65UrfymyFi0aaXRSM8VEXAbwz1uSLKOkiTOojA7Dd66p6okNYVadiXy779ZqLul0mCmWTIe0VK8zFpYQAsCEzh63yjIwKQmK8EtS6Pw5cB7j3l8HdpxgVC6fUDuztHk4KPKZqva6yS4QFlKTyEOoKhtPNNfkUzblA5dIXeKBlNTBeNqnNg=s3264" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3264" data-original-width="2448" height="252" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEihQFgIZhmA65UrfymyFi0aaXRSM8VEXAbwz1uSLKOkiTOojA7Dd66p6okNYVadiXy779ZqLul0mCmWTIe0VK8zFpYQAsCEzh63yjIwKQmK8EtS6Pw5cB7j3l8HdpxgVC6fUDuztHk4KPKZqva6yS4QFlKTyEOoKhtPNNfkUzblA5dIXeKBlNTBeNqnNg=w192-h252" width="192" /></a></div><div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;"><i>Sono un autore di nicchia, sono un autore che nicchia.</i></span></div><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Così scrivevo di me stesso qualche anno fa.<br />Avevo i miei blogs dove postavo la mia scrittura, ma non ero completamente soddisfatto. <br />Il blog è un luogo che frammenta la scrittura. <br />Non lascia trasparire l’unità di un’opera. <br />Avevo bisogno di pubblicare.<span><a name='more'></a></span>Ho provato con l’autopubblicazione, fino a quando ho scoperto che ci sono tanti intoppi burocratici da assolvere. E perciò ho deciso di ritirare tutto ciò che avevo autopubblicato. <br />Ho cercato qualche piccola casa editrice per pubblicare la mia opera. <br />Niente. Il mercato è saturo di scrittori, di poeti, di narratori. <br />E poi la mia opera non si presta ad essere pubblicata. <br />La mia è una scrittura labirintica. Così voglio che sia: chi si inoltra in essa deve perdersi e smarrirsi. <br />Perdere le sue certezze. Smarrire le sue cognizioni. La mia scrittura deve suscitare inquietudini. Non dare punti di riferimento. La mia è una scrittura <i>libera</i>. Totalmente libera. Una scrittura che non vuole sottostare a nessun compromesso. È libera perché voglio sempre sentirmi libero di scrivere ciò che in un dato momento ho voglia di scrivere. È una scrittura anacronistica, fuori dal tempo, contro il tempo e a favore di un tempo a venire. Sì, è una scrittura inattuale. Pertanto, anche il mio eventuale lettore deve sentirsi libero di leggere o di non leggere ciò che scrivo, non deve più sborsare neanche un cent per leggere ciò che scrivo. L’unico cosa che gli domando è di citarmi quando è il caso e di rispettare la mia opera. Per il resto chiunque può visitare e scaricare liberamente tutte le opere che metterò su questo sito <i><a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/home-page">Letteratura e altro ancora</a></i>. Con la mia scrittura non voglio guadagnarci nulla, ma neanche spenderci qualcosa. Sia chiaro però: anche se nulla voglio guadagnarci e nulla spendere, voglio comunque avere tanti lettori, perché una scrittura senza lettori è come un albero senza foglie. Chi dà linfa vitale agli alberi, sono, appunto, le foglie!</span>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-36961311250963825192022-01-29T17:28:00.002+01:002022-02-27T16:34:33.044+01:00La saga degli scrittori perfetti: l'italiota liricato/a<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjbn3kFZ0rGkIJ-MAN8zGQo0QaHx2kb1SG7205vi7YvCed46AM6ugIopcba30sklMLlB-Z7rL79v5YordOeZahzaLAMDzC347mBbARIFxpsWYZ51dwBVf89rPUJdFFvBW0jHxVS0zsu-JwsDMKvAkiJaCWdIQh_7zfAAxRSkhufpwgb7jb1De6jAkQp9w=s300" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" height="224" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjbn3kFZ0rGkIJ-MAN8zGQo0QaHx2kb1SG7205vi7YvCed46AM6ugIopcba30sklMLlB-Z7rL79v5YordOeZahzaLAMDzC347mBbARIFxpsWYZ51dwBVf89rPUJdFFvBW0jHxVS0zsu-JwsDMKvAkiJaCWdIQh_7zfAAxRSkhufpwgb7jb1De6jAkQp9w=w400-h224" width="400" /></a></div></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: large;">Ascolta, se io ti faccio la cortesia di pigliarti in considerazione non è per ciò che tu scrivi o per come scrivi, ma per ciò che tu rappresenti. È vero, ciò che tu rappresenti rimanda al ciò e al come tu scrivi, ma il ciò e il come tu scrivi rimanda al ciò che tu rappresenti. Insomma, potrei scrivere non che il tipo fa lo stile, ma lo stile fa il tipo. Allora, ti starai domandando: ma che cosa io rappresento? L’Italiota medio. Rispondo..<a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/home-page">La saga degli scrittori perfetti</a></span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-41415676327529235792022-01-29T11:37:00.001+01:002022-01-29T17:33:44.354+01:00Giacomo Leopardi e la scrittura a stampa, di Bruno Corino [ Saggio, Letteratura ] :: LaRecherche.it<div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiOzX6DuPM04BhwQnd9dIPTCTLPVgARPMMeuD4p6YP5bSGOTqByDv9XDIOdwliYC-bSHx8cdgyPhiJK_GzyoS9rTF9qoN0pdV7SN8jSfdzvo6whC2sPgqTRL0o2x-TCtsHK6YISmh4jNGx9Z97K7PvPIGYeCZYI6HUjIofp_49bRj3r2dRvLoI0OkvZWQ=s163" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="163" data-original-width="161" height="163" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiOzX6DuPM04BhwQnd9dIPTCTLPVgARPMMeuD4p6YP5bSGOTqByDv9XDIOdwliYC-bSHx8cdgyPhiJK_GzyoS9rTF9qoN0pdV7SN8jSfdzvo6whC2sPgqTRL0o2x-TCtsHK6YISmh4jNGx9Z97K7PvPIGYeCZYI6HUjIofp_49bRj3r2dRvLoI0OkvZWQ" width="161" /></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Non si fa molto caso al fatto che Giacomo Leopardi sia stato il primo scrittore italiano che abbia tentato di vivere con il frutto della sua opera letteraria, o grazie al suo ingegno letterario. A partire dal 1825 egli ricevette per alcuni anni uno stipendio mensile dall’editore milanese Antonio Fortunato Stella; originariamente per dirigere un’edizione critica di Cicerone, ma «in seguito il programma fu modificato, e le opere appositamente redatte per lo Stella furono l’interpretazione del Petrarca e le due Crestomazia, della prosa e della poesia. Inoltre, il Leopardi pubblicò presso di lui le Operette morali e progettò una collana di moralisti greci, in vista della quale venne esercitando un’intensa attività di traduttore» (Franco Brioschi)...</span></div></div><div style="text-align: justify;"><a href="https://www.larecherche.it/testo.asp?Id=845&Tabella=Saggio#.YfUYwxsIJzM.blogger"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Giacomo Leopardi e la scrittura a stampa, di Bruno Corino [ Saggio, Letteratura ] :: LaRecherche.i</span>t</a></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-89269446353644446852022-01-12T22:13:00.003+01:002022-01-12T22:13:43.999+01:00Saracena - ex Castello baronale<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/nqtBc4GHeGk" width="320" youtube-src-id="nqtBc4GHeGk"></iframe></div><br /> <p></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-56063365054799532202021-11-06T18:06:00.002+01:002021-11-06T18:06:58.417+01:00Meditazione sulla vita<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; font-size: large; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsUxN5zS-CaHwt8JrrfTwh-fZUG0EWLQt7ogDqnc7Hz_C43Kl_1TUqSNmbTsr0WvLXRaf5jwSOaG4QTzkdsSxwjyhrs7E67WfZqkECHEVzIGsq_JlvPzx1tWYfUOxgeWezO6GcLibejr7g/s1872/20170819_180527.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1872" data-original-width="1106" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsUxN5zS-CaHwt8JrrfTwh-fZUG0EWLQt7ogDqnc7Hz_C43Kl_1TUqSNmbTsr0WvLXRaf5jwSOaG4QTzkdsSxwjyhrs7E67WfZqkECHEVzIGsq_JlvPzx1tWYfUOxgeWezO6GcLibejr7g/s320/20170819_180527.jpg" width="189" /></a></div><span style="font-size: medium;">Quando osservo la natura mi viene spontaneo pensare a quanti bei frutti, a quanti bei fiori, essa riesce a generare. Noi accogliamo questi frutti e questi fiori come doni generosi, quantunque siamo consapevoli che quei frutti e quei fiori servono a perpetuare la loro specie. Eppure, quando dalla natura riceviamo tutti questi doni non possiamo fare a meno di essere grati alla sua bontà. Essa ci regala bellezza ed esistenza senza domandare a noi nulla in cambio. Poi, dopo un ciclo biologico, quegli alberi e quelle piante si dissolvono nel nulla, ma i semi dei loro frutti dei loro fiori perpetuano altri alberi, altre piante. E così il ciclo della vita riprende il suo cammino.</span><a name='more'></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Anche noi esseri umani seguiamo ineluttabilmente il ciclo della vita: viviamo, produciamo e desideriamo che il frutto della nostra opera un giorno alimenti la vita e il pensiero di altri esseri umani. Di tutto ciò che abbiamo vissuto nulla resta, e tutto si dissolve nel nulla, ma di ciò che abbiamo dato generosamente vogliamo che resti qualcosa. Che restino i nostri ricordi, le nostre parole, i nostri pensieri, che restino i nostri affetti, i nostri gesti mancati. Ecco cosa noi chiediamo alla vita: chiediamo di esserci nella mente e nei pensieri degli altri, di non dissolverci completamente nel nulla. Chiediamo alla vita di farci vivere ancora un altro poco dopo la nostra vita: un decennio, un secolo, due secoli, un millennio… Ed è nella consapevolezza di questa richiesta che quotidianamente assolviamo i nostri impegni e soddisfiamo le nostre passioni. Soltanto una persona profondamente egoista può credere che il mondo finisca con la sua persona, ma chi non lo è sa che il mondo della vita continuerà a dare i suoi frutti anche quando non ci sarà più.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">È vero che quando si guarda avanti, ma retrospettivamente, si è portati a credere che anche quel poco che resta di noi finirà col tempo per dissolversi nel nulla. Succederà anche alla natura di non essere più nella condizione di offrire i suoi frutti. Un giorno il nostro pianeta non sarà più in grado di ospitare la vita. Dell’esistenza di un essere intelligente che un tempo ha abitato su di esso non resterà nessuna traccia materiale. Non resterà nulla se non un silenzio infinito. Non ci sarà né atmosfera né acqua. Chissà, forse arriverà un momento in cui tutto ricomincerà dall’origine. Se la Terra, il sistema solare ha una durata limitata, forse, invece, il Cosmo non ha né origine né fine. Forse ciò che si spegne qui sulla Terra rinasce in un altro punto del Cosmo. Forse, questi pensieri che sto pensando in questo istante sono stati pensati in un altro luogo dell’universo, in un’altra epoca cosmica. Forse, di nuovo ci ritroveremo insieme, e faremo le medesime cose che abbiamo fatto su questo pianeta. Chissà! Tuttavia se riusciamo a vivere la nostra vita in questa prospettiva ragionevolmente siamo portati a fare in ogni istante la cosa che riteniamo più giusta da fare, non perché crediamo a una giustizia eterna, ma proprio perché non crediamo a una giustizia eterna, ma umana, fallibile, piena di errori e di contraddizioni, a una giustizia comunque fatta a misura umana.</span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-71664447503767269252021-10-06T18:24:00.005+02:002022-01-30T10:09:30.230+01:00Manuali di filosofia vecchi e nuovi<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2EaZ4IOmGBB2Aaz3rz1dLmj0jB1ZZ9mGy-x0SQzToUuxN46oPEcLuz7LhaQsoZjdq4ljgX6IDmvmo8EHSW1mf_DrmtR8lmpZ_LLqslnZovwQTY4Ex1AmjZ33mh9shR8pd_r3IFe9pKlBM/s259/adorno+gregory.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><span style="font-size: medium;"><img border="0" data-original-height="259" data-original-width="195" height="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2EaZ4IOmGBB2Aaz3rz1dLmj0jB1ZZ9mGy-x0SQzToUuxN46oPEcLuz7LhaQsoZjdq4ljgX6IDmvmo8EHSW1mf_DrmtR8lmpZ_LLqslnZovwQTY4Ex1AmjZ33mh9shR8pd_r3IFe9pKlBM/s0/adorno+gregory.jpg" width="195" /></span></a></div><p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">Richard
Rorty, in un saggio su’ <i>La storiografia filosofica: quattro generi</i>
(1988), suggeriva l’idea che la «storiografia filosofica» è una nozione che ha
perso la sua utilità. Ebbene, se scorro i titoli dei manuali di filosofia più
diffusi nelle scuole superiori del Terzo millennio, noto che la dicitura
“Storia della filosofia” è completamente scomparsa, mentre, nei manuali
adottati nel secolo appena trascorso questa dicitura era piuttosto frequente.
Presento un elenco sommario in cui tale titolo compariva o dove, quantomeno,
era suggerito nello stesso titolo un approccio storico allo sviluppo del
pensiero filosofico:<span></span></span></span></p><a name='more'></a><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;"><o:p></o:p></span></span><p></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">F.
Adorno, T. Gregory, V. Verra, <i>Storia della filosofia</i>, 1979<sup>2</sup>;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">N.
Abbagnano, <i>Storia della filosofia</i>, 1988;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">N.
Badaloni, O. Pompeo Faracovi, <i>Il pensiero filosofico. Storia – Testi</i>,
1992;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">E.
Balducci, <i>Storia del pensiero umano</i>, 1986;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">E.
Berti, F. Volpi, <i>Storia della filosofia</i>, 1991;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">C.
Ciancio, G. Ferretti, A. Pastore, U. Perone, <i>Profilo di storia della
filosofia</i>, 1993;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">M. Dal
Pra, <i>Profilo di storia della filosofia</i>, 1975;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";"><span style="font-size: medium;">N.
Merker, <i>Storia delle filosofie</i>, 1988;<o:p></o:p></span></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">A. Plebe, P. Emanuele, <i>Storia del pensiero occidentale</i>,
1989;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">G. Reale, D. Antiseri, <i>Il pensiero occidentale dalle
origini ad oggi</i>, 1983;<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">E. Severino, <i>Filosofia. Lo sviluppo storico e le fonti</i>,
1991.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Se oggi prendo invece in esame i titoli dei manuali più diffusi
nei licei noto che il termine “storia” è completamente scomparsa nei titoli
(quantomeno nel titolo).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;"><i>La storia della filosofia</i> di Abbagnano, aggiornata da
Giovanni Fornero diventa: <i>Con-filosofare</i>, 2016; ulteriormente aggiornata
nel 2021 con la collaborazione di Giancarlo Burghi, ha come titolo <i>Vivere la
filosofia</i>. Il manuale di Franco Bertini s’intitola: <i>Io penso</i>, 2015. Luca
Guidetti e Giovanni Matteucci pubblicano nel 2013 <i>Le grammatiche del pensiero</i>.
Giovanni Reale e Dario Antiseri pubblica nel 2017, <i>Il mondo delle idee</i>.
Domenico Massari, <i>La meraviglia delle idee</i>, 2015. Umbero Curi, <i>Il
coraggio di pensare</i>, 2018. Gianni Gentile, Luigi Ronga, Mario Bertelli
pubblicano nel 2016 <i>Skepsis. La filosofia come ricerca</i>. Cioffi, Luppi,
Vigorelli, Zanette e Bianchi pubblicano nel 2014 <i>Arché</i>. Ruffaldi,
Carelli e Nicola pubblicano nel 2015 <i>La formazione filosofica. Storia,
concetti e problemi della filosofia</i>. Riccardo Chiaradonna e Paolo Capece
pubblicano nel 2018 <i>Filosofia. La ricerca della conoscenza</i>. Maurizio
Ferraris nel 2019 <i>Il gusto del pensare</i>. Alessandro D. Conti e Stefano
Velotti pubblicano nel 2010 <i>Le costellazioni del pensiero. Autori testi
questioni della filosofia</i>. Salvatore Veca, Giambattista Picinali, Duilio Catalano
e Stefano Marzocchi pubblicano nel 2020 <i>Il pensiero e la meraviglia</i>.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Dunque, per quanto riguarda almeno il titolo del manuale di
filosofia non esagero se dico che nei manuali dell’ultimo decennio assistiamo
alla morte (apparente) della “storia della filosofia”. Soltanto nel titolo,
appunto, perché poi al di là della facciata, ossia del frontespizio, nessun
manuale si sogna di impostare il discorso filosofico prescindendo dall’ordine
cronologico. Comunque, mentre il titolo <i>Storia della filosofia</i>, come
accadeva nei “vecchi” manuali, per quanto fosse poco “accattivante”, ne
rifletteva fedelmente il contenuto, i nuovi titoli, imposti ai manuali dei
licei, risultano essere più “ammiccanti”, anche se nascondono il reale impianto
storicizzante non diverso dai loro antenati manuali (naturalmente, prescindo
dal considerare tutti i nuovi apparati iconografici e interdisciplinari
predisposti secondo le Indicazioni nazionali).<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Il manuale di Curi, <i>Il coraggio di pensare</i>, e quello
di Ferraris, <i>Il gusto di pensare</i>, al di là delle loro assonanze,
sembrano voler porre l’accento su un aspetto del “pensare”: <i>etico</i> per
Curi, <i>estetico</i> per Ferraris. Quale sia l’intento dello studio della
filosofia, Curi lo esplicita chiaramente sulla copertina: <i>Una filosofia viva
per diventare maggiorenni</i>. E, infatti, non a caso, sul retro della seconda
copertina troviamo citato la celebre frase kantiana: <span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">«</span><i>Sapere aude</i>! Abbi il coraggio di servirti
della tua propria intelligenza<span style="mso-bidi-font-family: "Times New Roman";">»</span>
(I. Kant, <i>Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?</i>, 1784).
Insomma, per Curi lo studio dei filosofi ha il compito di mettere lo studente
(futuro cittadino) nella condizione di difendere con coraggio le sue opinioni
con delle argomentazioni valide.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Maurizio Ferraris nel presentare il suo manuale si premura
di chiarire (a chi? Agli studenti o ai docenti? O a entrambi?) <i>A che cosa
serve la filosofia? (Ora lo sappiamo)</i>: serve a orientarci nel mondo.
Purtroppo, però, Ferraris, nell’indicarci la “funzione” della filosofia,
dimentica di chiarirci la scelta del titolo. Da buono storico della filosofia,
egli sa benissimo che il termine “gusto” ha delle implicazioni filosofiche ben
precise. Il “gusto del pensare” potrebbe riguardare la questione del “piacere”,
ma i gusti non sono affatto sempre gli stessi, cambiano da soggetto a soggetto.
Il titolo potrebbe suggerire tanto l’idea che chi ha pensato (i filosofi) lo ha
fatto con gusto, vale dire hanno provato piacere nel pensare i propri pensieri,
quanto l’idea che chi “ripensa” i pensieri pensati (lo studente) potrebbe a sua
volta provare lo stesso “piacere” che hanno provato i filosofi.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Personalmente, a me il titolo suggerisce più un’idea “culinaria”:
di volta in volta, noi docenti facciamo assaggiare la cucina di Platone,
Aristotele, di Cartesio o di Nietzsche, almeno offriamo loro i piatti migliori,
così i nostri studenti ci dicono di volta in volta chi ha cucinato meglio.
Insomma, facciamo diventare la storia della filosofia qualcosa che s’avvicina
alla <i>Prova del cuoco</i>! Non me ne voglia, Ferraris! In questa mia
riflessione, come s’è (spero) intuito, non discuto del “contenuto” del manuale,
bensì soltanto del titolo, e si sa che i buoni libri non si debbono mai
giudicare dalla copertina e né dal titolo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">C’è tuttavia un aspetto che vorrei sottolineare e che non
vorrei sottovalutare: parecchi di questi manuali, nelle loro presentazioni
brevi, rivendicano con vigore l’attualità della filosofia. Il che, da filosofo,
mi fa pensare. È come se, in un certo senso, i vari autori di questi manuali
volessero giustificare nelle scuole del Terzo millennio la presenza di un insegnamento
“disciplinare” percepito oramai dalle ultime generazioni come una presenza
“anacronistica”.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Io credo che tra la scelta di questi titoli così
“accattivanti” e il bisogno di rendere attuale la filosofia ci sia come una
sorte di implicita e non confessata correlazione. Quando un tempo i manuali di
filosofia si chiamavano semplicemente <i>Storia della filosofia</i> o <i>Profilo
storico della filosofia</i>, nessun autore si sognava di rivendicarne
l’attualità. Il suo studio contribuiva al processo formativo dei giovani allo
stesso modo di qualsiasi altra disciplina. Lo studio della filosofia era
costitutivo alla formazione del discente e, talvolta, lo era più di qualsiasi
altra disciplina. Nessuno ne metteva in discussione l’insegnamento: né i
compilatori dei manuali, né gli insegnanti, né i discenti. Si discuteva e si
poteva discutere sul modo di insegnarla, ma non sul fatto di insegnarla.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">Dagli anni Novanta questo assioma ha iniziato a incrinarsi.
In un mondo in cui la stessa istituzione scolastica comincia a essere percepita
come qualcosa di anacronistico, la prima disciplina ad essere investita da
questa crisi di sfiducia è propria la filosofia, la disciplina che più si è identificata
nel corso dei secoli con l’insegnamento scolastico. Non è mancato in quegli
anni chi ha avanzata la proposta di eliminarla del tutto e di diluirla
quantomeno nell’insegnamento delle varie scienze umane. E in effetti posso ben
dire che sono stati propri i manuali di filosofia (e di storia della
letteratura – altro insegnamento in crisi) quelli che hanno dovuto subire nel
nuovo millennio una maggiore ristrutturazione dal punto di vista contenutistico.
Poi, stranamente, grazie al successo dei tanti <i>Festival</i> della filosofia
si è scoperto che le persone erano affascinate dal dibattito filosofico, e
abbiamo assistito a un rilancio della filosofia nelle scuole. Tuttavia, quel
senso anacronistico del suo insegnamento non si è dissolto del tutto. Ed ecco
che molti autori di questi nuovi manuali sentono l’esigenza di rispondere alla
domanda: “A che serve la filosofia”, cioè di “giustificarla agli occhi dei suoi
fruitori (docenti e discenti). Domanda che – faccio notare – un autore di un
manuale di chimica, di inglese o di matematica non porrebbe mai ai suoi
lettori.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="font-size: medium;">In quel “a che serve la filosofia” posso dire che c’è tutto
il dramma filosofico odierno, perché, posso ben dire, che la filosofia è nata
fin dalle origini per non servire a nessuno e per non essere al servizio di
nessuno. Con ciò non voglio rivendicare il fatto che la filosofia sia l’unica
disciplina che si sottrae a qualsiasi forma di servitù, semplicemente, intendo
dire, che quando s’insegna filosofia non bisogna mai dimenticare quali sono
state le sue origini, e che soltanto uno spirito “libero” (in senso lato) può
apprendere e comprendere un insegnamento filosofico, senza bisogno di inventarsi
orpelli “accattivanti”.</span><em><span style="font-family: "Bookman Old Style",serif; font-style: normal; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-theme-font: minor-bidi;"><o:p></o:p></span></em></p><br />scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-37733761025671663772021-09-19T16:01:00.003+02:002021-09-19T16:32:14.325+02:00L'Aristotele di Scrivo Valerio<p><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDA2zMfVbVM9wexyXvRqPRIsHyOHH2DyxHDuIeDyrd4L2NAOU_OvJ9krbgarNor7yXr9rTtkRpUESEnSsjaYhCt0naQmO_vGLQ55yuFF5EmkwZePvz4pfANxkT7XsbvYki6h3me550Gr7e/s275/aristotele+images.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="183" data-original-width="275" height="183" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDA2zMfVbVM9wexyXvRqPRIsHyOHH2DyxHDuIeDyrd4L2NAOU_OvJ9krbgarNor7yXr9rTtkRpUESEnSsjaYhCt0naQmO_vGLQ55yuFF5EmkwZePvz4pfANxkT7XsbvYki6h3me550Gr7e/s0/aristotele+images.jpg" width="275" /></a></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-size: large;">In questo video, </span><a href="https://www.youtube.com/watch?v=WmJJbACL7lU&t=329s">Aristotele di Scrivo Valerio</a>, Valerio Scrivo fa delle interessanti osservazioni sul pensiero aristotelico, sottolineando non solo la grandezza di questo pensatore, ma anche la sua originalità.<span><a name='more'></a></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Scrivo è conosciuto agli appassionati di cronaca nera come un valente criminologo. Ebbene, con il suo metodo deduttivo possiamo dire che Aristotele sia stato il primo "investigatore" della storia. Non è un caso che la figura di Aristotele abbia ispirata la scrittrice canadese Margaret Doody, la quale ha fatto vestire al filosofo di Stagira i panni del detective. Questa affinità tra il mondo dell'osservazione scientifica e le capacità investigative di Aristotele non sono sfuggite a uno scrittore e narratore di inchieste di cronaca nera come Valerio Scrivo.</span></div><p></p><p><br /></p><br /><p><br /></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-41530074073940750952021-09-01T07:06:00.019+02:002022-03-23T19:57:30.374+01:00Il socialismo apollineo di Antonio Gramsci<p style="text-align: justify;"><a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/libri-di-bruno-corino" style="clear: left; display: inline; float: left; font-family: georgia; font-size: large; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;" target=""><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuQnfaZcPJYAj6YCxgFiZNqkINvOkl7J81UKRm7GxMB7K7UjW9zKdXHmkX_0WgZZILlqi70b1sSQGSyz9r265TbUTFQOiRA4p_qEX6a2od1SCOoB6PPOemY6JdvAzk4bCC5s_MNYBVY8Y7/s0/gramscidownload.jpg" width="300" /></a></p><div><span style="font-family: georgia;"><div style="text-align: justify;"><span style="color: #2b00fe; font-size: large;"><a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/libri-di-bruno-corino">Il socialismo apollineo di Antonio Gramsci</a></span></div><div style="font-size: large; text-align: justify;"><br /></div><div style="font-size: large; text-align: justify;">Il mio interesse per l’opera e il pensiero di Antonio Gramsci affonda le sue radici in anni lontanissimi. Stavo per compiere il mio diciannovesimo anno di età quando nel maggio del 1980 lessi per la prima volta la <i>Vita di Antonio Gramsci</i> di Giuseppe Fiori. L’anno dopo seguii uno sceneggiato biografico in quattro puntate, diretto da Raffaele Maiello e trasmesso da Rai 2. Di Gramsci ho apprezzato immediatamente più che le sue qualità di dirigente e segretario del Partito comunista d’Italia il suo spessore teorico. Nella breve sintesi tracciata da Fiori dei <i>Quaderni del carcere</i> capii che Gramsci non era un pensatore che potesse essere circoscritto esclusivamente nel quadro politico italiano. Al centro della sua riflessione in carcere c’era un nodo teorico fondamentale che investiva in pieno la “crisi del marxismo” come si stava profilando proprio agli inizi degli anni Ottanta.</div><span style="font-size: large;"><a name='more'></a></span><div style="font-size: large; text-align: justify;">Per un verso, il pensiero di Gramsci cominciava proprio in quel decennio ad essere una figura “ingombrante” per lo stesso Partito comunista di Enrico Berlinguer. Gli attacchi degli intellettuali “organici”, legati al Partito socialista di Craxi, al concetto di “egemonia” gramsciano cominciarono a far vacillare le virtù taumaturgiche di Gramsci. Se negli anni della Guerra fredda il pensiero teorico di Gramsci era stata “utilizzato” dal Pci togliattiano per tracciare la cosiddetta “via italiana” al socialismo e per prendere gradualmente le distanze dal centro politico dell’Unione Sovietica, sul finire degli anni Settanta, dopo la tragica esperienza del “caso Moro”, che ha segnata la fine del “compromesso storico”, e che ha “frustrato” le aspirazioni della classe dirigente italiana di quella stagione di sottrarsi alle logiche spartitorie decise a Yalta, svanisce definitivamente l’illusione che possa esistere una via italiana al socialismo.</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">La sinistra ex partito comunista in larga parte si converte al “democraticismo”, non per ottusità, ma perché molti dirigenti di quel partito capiscono in quegli anni che è finita la centralità del lavoro in fabbrica: sono i consumi a dettare le regole e i tempi della politica! E in questa condizione inedita, la sinistra vive un vero e proprio disagio teorico, non sa come muoversi, come agire, e comincia a credere che si possa opporre un argine a questa deriva consumistica alzando le barriere della democrazia. Ma la democrazia può essere una parola vuota se non viene riempita di contenuti politici reali. Eppure, mai come in quegli anni il pensiero di Gramsci era ancora più indispensabile per comprendere la crisi delle sinistre e il corso della storia! Ma occorreva “saperlo” leggere tra le “pieghe”, compito certo né facile né semplice.</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">Sul finire degli anni Ottanta, sarà un intellettuale, non sempre tenero nei confronti di Gramsci, quale Alberto Asor Rosa a registrare sulle pagine del quotidiano “La Repubblica” una sorta di “declino” delle fortune gramsciane: «A una fase di forse eccessiva fortuna […] ha fatto seguito una fase di sicuramente esagerata eclissi, che è ancora in corso». Ed è lo stesso Asor Rosa a segnalare come il declino delle fortune gramsciane fosse «largamente intrecciato al declino delle fortune comuniste in campo culturale e, in parte, politico». Tuttavia, come auspicava acutamente lo storico e critico della letteratura, l’eclissi del Partito comunista poteva costituire in futuro per Gramsci «un’occasione propizia per studiarlo nella veste di pensatore autonomo» (<i>Il Principe e i poveri</i>, 11 aprile 1987, “La Repubblica”).</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">Non mancheranno, neanche nei decenni successivi e a noi più prossimi, occasioni di strumentalizzazioni “meschine” del pensiero gramsciano ai fini di una lotta politica contro un’anima della “sinistra”. Mi riferisco al “pessimo” libro di Alessandro Orsini, <i>Gramsci e Turati. Le due sinistre</i>, Rubettino editore, 2012, un libro settario, privo di intelligenza storica, come scrivo nei due interventi che gli ho dedicato. Ma se talvolta capita di fare i conti con delle miserie intellettuali, per fortuna poi ci sono delle altezze che rincuorano. Parlo di un libro ben scritto, ben meditato, ben documentato, che ho letto di recente, <i>Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo</i>, Feltrinelli, 2018, di Rai Patel e Jason W. Moore: Gramsci è l’unico autore italiano citato. Non significa nulla, d’accordo, ma dopo tante apologie acritiche che si sono lette negli ultimi decenni sul neocapitalismo, ecco finalmente un saggio che fa riflettere sulle conseguenze che tale sistema economico sta arrecando alla sopravvivenza dello stesso pianeta Terra.</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">Quando ho iniziato le mie prime ricerche su Gramsci, era propria mia intenzione di andare nella direzione auspicata da Asor Rosa, cioè di studiarlo nella sua autonomia di pensatore. Tuttavia, a un pensatore della tempra di Gramsci non ci si accosta mai in una maniera “disinteressata”. Intendo dire che non ci si può servire di quel pensiero come un tecnico si serve delle conoscenze scientifiche, per riprendere un’espressione di Iring Fetscher. Ecco, potrei dire che Gramsci non è un autore “avalutativo”: chi prende in esame il suo pensiero teorico, deve per necessità “schierarsi”, non per essere banalmente “pro” o “contro” quel pensiero, ma nel senso che lo deve necessariamente “valutare”, è costretto cioè a prendere una “posizione” nei suoi confronti. È quanto ho fatto ogni volta che mi sono accostato a Gramsci: dal primo lavoro di tesi fino ai nostri giorni.</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">All’inizio, avrei voluto intitolare il mio lavoro di tesi: <i>Natura umana e storia in Gramsci</i>, ma l’argomento mi risultò troppo vasto per poterlo affrontare in un lavoro di tesi, perciò, d’accordo con la mia relatrice, Marcella D’Abbiero, decisi di circoscriverlo agli scritti giovanili, focalizzando soprattutto l’attenzione sulla dialettica individualità/socialità. Tuttavia, analizzai quella dicotomia proprio attraverso il rapporto Storia/natura umana, servendomi soprattutto della lente di ingrandimento della psicoanalisi freudiana per tentare di mettere in evidenza come Gramsci idealizzasse le componenti della classe operaia del dopoguerra. Alla luce dei miei studi successivi, posso ben dire di aver “sbagliato” prospettiva. Rileggendo con attenzione i miei “scritti gramsciani” e, di conseguenza, gli scritti giovanili di Gramsci, mi sono accorto di quanto “socratismo” essi contenessero. Detto in altri termini, credo che se oggi avessi intenzione di scrivere un nuovo saggio su Gramsci non lo farei usando la lente freudiana, bensì userei quella molto più corrosiva della <i>Nascita della tragedia</i> di Nietzsche.</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">In effetti, penso che le tracce ontologiche gramsciane siano da ricercare nel razionalismo etico di Socrate, che si può riassumere in queste sue parole: «Per intenderci meglio, io ho della cultura un concetto “socratico”: credo sia un pensar bene, qualsiasi cosa si pensi, e quindi un operar bene, qualsiasi cosa si faccia» (Filantropia, buona volontà e organizzazione, 24 dicembre 1917, in CF, p. 519). Prese di posizione di questo genere bisognava esaminarle sul serio e fino in fondo. Gramsci credeva davvero che l’individuo fosse padrone dei suoi pensieri e della sua volontà: «Conoscere se stessi vuol dire essere se stessi, vuol dire essere padroni di se stessi» (in CT, p. 102). E, in un altro articolo, scrisse: «Gli uomini combattono contro la natura e contro una parte di se stessi per essere sempre più liberi, sempre più padroni della loro volontà e dei mezzi per realizzarla» (<i>Il tramonto di un mito</i>, 22 dicembre 1917, CF, p. 504).</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">Gramsci credeva che nella storia agisse una struttura razionale che guidasse l’umanità necessariamente a vivere in un mondo migliore rispetto a quello in cui s’era vissuti, e che l’uomo potesse dominare la sua natura. Questi due presupposti metafisici lo hanno condotto a idealizzare non solo il divenire storico, ma anche la classe operaia in sé. Intendiamoci, non è che questa visione metafisica dell’essere appartenesse soltanto a Gramsci; c’era tutta la cultura ottocentesca invischiata in tale visione, e io credo che sia proprio la sua presenza ciò che ha impedito di scorgere e di comprendere le tragedie storiche della prima metà del Novecento. Pensare che la storia non abbia nessun senso e nessun fine, che il processo della storia, in altri termini, non realizzi quella marcia inarrestabile verso il progresso, per quella cultura, impregnata di questa visione ottimistica dell’essere, sarebbe stata semplicemente un’idea assurda. Può sembrare anche giusta l’idea che un combattente politico debba aver fede nel progresso della storia, ma ciò non toglie a questo atteggiamento il suo aspetto illusorio.</div><div style="font-size: large; text-align: justify;">Insomma, <a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/libri-di-bruno-corino">Il socialismo <i>apollineo </i>di Antonio Gramsci</a> è depurato da ogni impulso <i>dionisiaco</i>. Ecco, credo che questa doveva essere all’epoca la traccia della mia ricerca, e, forse, questo è il titolo più appropriato che oggi posso dare a questi miei scritti gramsciani. Sul valore e sul contributo che essi daranno alla critica gramsciana non mi pronuncio. Forse non contengono questi scritti gramsciani aspetti del tutto originali, tuttavia, il paradigma meccanicismo/organicismo, così come l’ho esaminato nel saggio <i>Gramsci: il teatro come allegoria della fabbrica dei produttori</i>, meritava una qualche menzione; è un saggio che ho pubblicato su una rivista online, ma non ha avuto nessun seguito. Non era originale soltanto dal lato del contenuto, ma soprattutto della metodologia, come ognuno potrà notare se e quando avrà voglia di leggerlo.</div></span><p></p></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-61546810479759232052021-08-04T17:46:00.000+02:002021-08-04T17:46:24.153+02:00La pioggia #brunocorino<p> </p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; font-family: georgia; font-size: x-large;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2qcrEQbtYo6yFENdXnW9mEtgk0PFxYqnzsU-_ZBoo_uHGhhcM8UtMB6LWBPXzyVdDms5UMIOFl7O27R3x9yDV4eiCDgtRINSUXywt2As1zoGreeL_foIFFJtc8Rt51utX_dJBzbCmSY_7/s777/i-fidanzatini-di-peynet-un-amore-infinito-proprio-come-il-vostro.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="516" data-original-width="777" height="247" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2qcrEQbtYo6yFENdXnW9mEtgk0PFxYqnzsU-_ZBoo_uHGhhcM8UtMB6LWBPXzyVdDms5UMIOFl7O27R3x9yDV4eiCDgtRINSUXywt2As1zoGreeL_foIFFJtc8Rt51utX_dJBzbCmSY_7/w371-h247/i-fidanzatini-di-peynet-un-amore-infinito-proprio-come-il-vostro.jpg" width="371" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="background-color: white; box-sizing: border-box; font-family: "Droid Serif", serif; font-size: 19px; font-weight: 700; text-align: start;">Raymond Peynet</span></td></tr></tbody></table><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">Quando il dolce incantesimo della pioggia</span><div><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">si presenta dinanzi agli occhi nostri,</span></div><div><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">sembra che il tempo si fermi, <br />svanendo nel nulla,</span></div><div><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">e un silenzio immenso</span></div><div><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">avvolge l’ombra oscura</span></div><div><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">del desiderio di stare insieme per sempre. <br /><br /></span></div><div><span style="font-family: trebuchet; font-size: large;">2 novembre 1981</span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-58544639296889322262021-08-04T16:54:00.003+02:002022-06-12T07:00:33.985+02:00I bar: luoghi d'incrocio<div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: georgia;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBJjSnpTUo6_9v-y1tO1f6ED6KDBCegVIJpc2xasHrzVYXWgf0PJl4S_Flci0GGHPaQ_Ibt2r_zqJxCYBMr10D7bO5FfCXzjJrWbO06_KSzFptV03jcjzkCSUGeXXemPt9uvxTeXphEzun/s512/barunnamed+%25281%2529.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="324" data-original-width="512" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBJjSnpTUo6_9v-y1tO1f6ED6KDBCegVIJpc2xasHrzVYXWgf0PJl4S_Flci0GGHPaQ_Ibt2r_zqJxCYBMr10D7bO5FfCXzjJrWbO06_KSzFptV03jcjzkCSUGeXXemPt9uvxTeXphEzun/s320/barunnamed+%25281%2529.jpg" width="320" /></a></div>Forse perché è estate, forse perché fa caldo, forse perché la mente rallenta nelle sue funzioni, e ha voglia di distendersi, di non pensare a cose troppo elaborate, sofisticate, forse per pura curiosità o per tenerla comunque in esercizio, o forse per tutte queste cose messe insieme e altre ancora che mi sfuggono, che mi domando perché in città la maggior parte dei bar si trova quasi sempre negli angoli di strade. Fatevi una bella camminata in città, non dico in questi giorni, ma nei prossimi, quando di nuovo si tornerà a parlare dei primi freddi di stagione; ebbene, camminate, osservate: negozio, negozio, negozio… poi arrivate nel punto in cui la strada fa angolo, ed eccovi il bar, con le sue due aperture laterali: ognuna su ogni lato della strada; lo noterete una, due, tre volte; e a quel punto anche voi sarete costretti a porvi la mia stessa domanda: perché i bar spuntano nei luoghi in cui le strade s’incrociano?<span><a name='more'></a></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><span style="font-family: georgia;">Voi mi direte: che domanda sciocca, semplicemente perché si ha più possibilità di veder entrare più clienti. Giusto, i bar sono luoghi di transito, di passaggio: un caffè, una veloce colazione, una bibita fresca, un gelato, e poi via; s’entra, si esce, ma non ci si ferma; nel bar, i clienti sono “ospiti”, e come tutti gli ospiti non permangono nel luogo in cui arrivano; e quando lo fanno, come gli stranieri, sono visti con diffidenza, con fastidio, come l’ubriaco che sosta e fa scappar via la clientela; perciò, il barista paziente, appena vede l’ubriaco che s’alza e che, barcollando, decide di andare via, tira un sospiro di sollievo. I bar sono, dunque, luoghi di frontiera, esercizi pubblici che vivono ai margini della strada, al confine tra una strada e l’altra. I bar sono luoghi “equivoci”, “ambigui”, dove persone sconosciute per un attimo si scambiano sguardi, occhiate, si scrutano, a volte con diffidenza altre volte con interesse, altre volte con indifferenza. È il via vai dei clienti a creare questo stato di ambiguità, il loro continuo ricambio, il loro non essere permanenti, ma solo di passaggio, come a volte lo sono i ponti che uniscono le due sponde.</span></span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-31809990139941317742021-08-04T12:07:00.001+02:002021-08-04T16:58:48.844+02:00Rileggendo "Parole di giorni un po’ meno lontani" di Tullio De Mauro <p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA2SF3VnX-5NBOAOB9VVunYOlWiJMZjhlMC8vIUJ6mAfhlWqsxJGHW4ahNB8cvsQlIAr4LCNlALmnaV0ol3Pq5_BhEQpCb1r3BrjbilzQ1lrcnwkDkWNtkkWk-iZ2ujKj0CP5oy9TxOYze/s333/de+mauro_.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="333" data-original-width="202" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA2SF3VnX-5NBOAOB9VVunYOlWiJMZjhlMC8vIUJ6mAfhlWqsxJGHW4ahNB8cvsQlIAr4LCNlALmnaV0ol3Pq5_BhEQpCb1r3BrjbilzQ1lrcnwkDkWNtkkWk-iZ2ujKj0CP5oy9TxOYze/s320/de+mauro_.jpg" width="194" /></a></div><p></p><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Tullio De Mauro ha insegnato nelle università italiane per cinquanta anni. Nel corso di quei dieci lustri ha formato non solo frotte di docenti universitari, ma anche insegnanti di licei, di scuole medie ed elementari. Ognuno di questi “allievi”, credo, potrebbe raccontare un aneddoto, un episodio, citare un ricordo significativo, in quanto, per chi ha seguito le sue lezioni universitarie, quell’insegnamento ha tracciato nella sua formazione un solco profondo. Ed è profonda quella traccia, perché quell’insegnamento, come scriverebbe Max Weber, era <i>Beruf</i>, ossia “vocazione” che è allo stesso tempo “passione”. Una passione e una vocazione che hanno origine in “giorni lontani” o in “giorni un po’ meno lontani”.<span><a name='more'></a></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Lontano dalle aule universitarie, lontano dall’insegnamento quotidiano che ha accompagnato la sua esistenza, De Mauro, scrivendo <i>Parole di giorni un po’ meno lontani</i> e, prima ancora <i>Parole di giorni lontani</i>, è come se avesse avvertito il bisogno non solo di rievocare dove, quando e in che modo è emersa a poco a poco, nella sua coscienza, la passione (e la vocazione) per l’insegnamento, ma soprattutto la necessità di continuare a insegnare, a insegnare non più attraverso la lezione viva e diretta del suo magistero universitario, ma attraverso libri, i suoi, anzitutto, ma anche quelli che hanno segnato la sua formazione.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Con <i>Parole di giorni un po’ meno lontani</i> De Mauro racconta il secondo decennio della sua vita (dal 1942 al 1952) così come con Parole di giorni lontani aveva narrato il suo primo decennio, l’infanzia. In entrambi i casi, lo fa con il suo piglio da linguista, rievocando il modo in cui per la prima volta una parola o una locuzione si è affacciata alle porte del suo universo linguistico e lessicale. Nella seconda fase questo “universo” viene scoperto soprattutto attraverso la lettura dei suoi libri preferiti, <i>David Copperfield</i> e il <i>Don Chisciotte della Mancia</i>: «Leggevo e conoscevo parole strane come <i>gualchiera</i> e persone nuove, si aprivano orizzonti sconosciuti, penetravo in mondi ed epoche distanti, il contadiname dell’altopiano, le corti, la grande nobiltà, ma anche la piccola nobiltà decaduta del Seicento spagnolo, la borghesia inglese dell’Ottocento».</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">E così, a parti rovesciate, De Mauro si vede nelle vesti di studente, di scuola media e poi liceale. Per questo posso dire che <i>Parole di giorni un po’ meno lontani</i> può essere letto come un vero e proprio “romanzo di formazione”, un genere letterario caduto in disuso ormai, in un’epoca in cui la “formazione” intellettuale conosce altri percorsi, altri luoghi. Non temo di fare un paragone improprio se scrivo che il modello più prossimo a cui accostare il libro di De Mauro sia proprio <i>La giovinezza</i> di Francesco De Sanctis. Come in quelle pagine, anche nel libro di De Mauro emerge l’altissima funzione attribuita alla scuola, «che dee esser la vita», se vuole attualizzare le potenzialità insite in ciascun giovane. Come De Sanctis, De Mauro ha scavato nel suo repertorio di ricordi per tirar fuori esperienze esemplari. L’operazione poteva risolversi nella rievocazione nostalgica di uno studioso e maestro, che, divenuto un’autorità indiscussa nel panorama culturale internazionale, rivolge lo sguardo indietro con rimpianto. Leggendo, pagina dopo pagina, ho avvertito come l’autore abbia voluto e saputo con accuratezza, con acutezza evitare la trappola del ricordo nostalgico fine a sé stesso.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Le esperienze narrate sono sì esperienze che hanno fatto parte del suo passato lontano, ma leggendole nella loro cristallina scrittura, nel loro stile piano e leggero, si sono trasformate in momenti presenti e vicini a noi, sono cioè diventate, quelle esperienze, specchi della nostra esistenza, nei quali ognuno può vedervi riflessi i propri errori, le proprie ingenuità, le proprie speranze, le proprie ansie, ma soprattutto i propri amori per la vita e per le cose belle di questo piccolo mondo.</span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-78113199942104583442021-08-01T17:57:00.001+02:002021-08-01T19:23:06.230+02:00Il bruco e la farfalla #brunocorino<br /><br /><span style="font-size: large;"> Insegnami a volare.<br />Chiese un giorno un bruco a una farfalla.</span><div><span style="font-size: large;">Impara prima ad aspettare... <br />Rispose allora la farfalla.</span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlembfP1mXb1dWwrP7H4ROXdbg4Wh0uvhq8aNSdturUIVP2N_LIqL_zPY8HKzBWGgzUZ_165I9t-yneQOULJW-woZk2MHTdEgK0SiIpML3_NhF2IxEnsS7b299C8GSFPe_WATKUqjx4zac/s1024/IMG-20200503-WA0000.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="768" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlembfP1mXb1dWwrP7H4ROXdbg4Wh0uvhq8aNSdturUIVP2N_LIqL_zPY8HKzBWGgzUZ_165I9t-yneQOULJW-woZk2MHTdEgK0SiIpML3_NhF2IxEnsS7b299C8GSFPe_WATKUqjx4zac/s320/IMG-20200503-WA0000.jpg" width="240" /></a></div><br />scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-4795547467268678622021-07-31T17:39:00.002+02:002021-07-31T17:54:09.100+02:00Variazione sopra un verso di #MarinoMoretti #ACesena #brunocorino<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><ul><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjT1Oni1ECcEG2J9Hli-CuVqGCX4rIS2y5QnrZr-zGpxJlgkhyphenhyphenLdmB7VhYXsZ6lb_dfyGotiz5RdW0Gsej2BGzJiEjJ1MNguP0JLtBuTvinhvUx6CSAWnaO1iuztY-33sBY1tKTXyHrgWah/s269/Moretti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="269" data-original-width="187" height="263" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjT1Oni1ECcEG2J9Hli-CuVqGCX4rIS2y5QnrZr-zGpxJlgkhyphenhyphenLdmB7VhYXsZ6lb_dfyGotiz5RdW0Gsej2BGzJiEjJ1MNguP0JLtBuTvinhvUx6CSAWnaO1iuztY-33sBY1tKTXyHrgWah/w183-h263/Moretti.jpg" width="183" /></a><li><span style="font-family: georgia; font-size: large;">Da giorni c’è un verso che mi martella nella testa,</span></li></ul></div><p></p><span style="font-family: georgia; font-size: large;"><i>Piove. È mercoledì. Sono a Cesena… </i><br />trattasi famoso <i>incipit</i> <i>A Cesena</i> nella raccolta <i>Il giardino dei frutti</i> di Marino Moretti...<br />non è bigliettino appiccicato dal poeta al fine di informare sua cara famigliola <i>pessime condizioni meteorologiche Cesena</i> – stop – o dir o far saper luogo <i>ove trovasi giorno mercoledì</i> – stop – …<span><a name='more'></a></span> <br />Ecco, non è informazione, non è notizia diffusa a privato uso… <br />Eppure, se qualcuno, dopo anni dalla sua morte, avesse trovato tra le sue carte un bigliettino con su’ scritto <i>Piove. È mercoledì. Sono a Cesena</i> senza conoscere seguito non avrebbe mai saputo se in realtà fosse verso/disperso o foglietto sperso, “postit” d’altri tempi insomma… <br />dubbio avrebbe arrovellato la di lui coscienza: <br />inizio di un verso o aborto poetico? O altro? <br />trattasi, semplicemente, di messaggio scritto sul primo fogliaccio capitatogli tra le mani? <br />Chissà…. <br />In mancanza di contesto specifico, quell’enunciato rimarrebbe esposto a limbo ambiguità, in eterno: è informazione o “altro”? Questione indiscernibile… direbbe nostro Leibniz teutonico… <br />Ma noi sappiamo che non è informazione. Sappiamo che il poeta non voleva comunicare a suoi parenti et amici ove trovassesi quel giorno e che tempo facesse a Cesena. Sappiamo, appunto, che è primo verso di nota poesia. Assodato che trattasi di verso di famosa poesia, cosa comunica suo Autore? Niente! Come niente? Marino Moretti, lui di persona, uomo nato a Cesatico nel 1885 e vissuto tra città natale e Firenze, firmatario del manifesto antifascista di don Benedetto Croce, etc. etc. purtroppo non comunica niente…</span><div><span style="font-family: georgia; font-size: large;">O che blasfemia dice cotesto omo?!? Forse che non pare abbastanza evidente che il succitato poeta comunichi sua crepuscolare malinconia? C’è tutta: la pioggia, la sorella sposa, il grigio borgo, la tristezza, l’ombra grigiastra, etc. etc. insomma che te tu vuoi di più? Che ce lo scrivesse a tergo: “poesia melanconica”? <br /><br />Calma, calma, buonuomo, io ti dico che Moretti – Autore esterno – non comunica niente, anzi forse il giorno che buttò giù primi versi il poeta, l’uomo era allegro e gaio come non gli capitava da tempo perché rapito da demone creativo. Non ho le pruove, ma capisci cosa intendo? Intendo dire, lui, Marino, la persona non c’entra un bel niente. Te lo assicuro. A Cesena non mi parla della di lui <i>malinconia</i>, ma della <i>Malinconia</i>. Se lui voleva parlare della malinconia a sé o a qualcuno avrebbe scritto qualcosa di questo tipo: “Sono a Cesena, in visita a mia sorella da poco sposatasi… come è triste questa città… poi oggi che è mercoledì piove pure, etc. etc.”.</span></div><div><span style="font-family: georgia; font-size: large;">Vedi, buonuomo se lui avesse voluto comunicare sua privata malinconia si sarebbe più o meno espresso in questi termini, certamente più raffinati dei miei, ma il tono non sarebbe cambiato di tanto… lui avrebbe informato qualcuno di come si sentiva quel giorno, e in quell’ora, ne avrebbe spiegato le ragioni, se ne aveva voglia, per filo e per segno… e se poi, a distanza di anni avessimo letto questa lettera avremmo saputo come Moretti si sentiva quel giorno… ma in fondo, a pensarci bene, a me o anche a qualcun altro come si sentisse quel giorno il tal Moretti non sarebbe importato un bel niente, che l’avesse scritto in verticale o in orizzontale! Chi non ha avuto giornata uggiosa? Chi non s’è sentito oppresso da senso di malinconia o di solitudine almeno una volta alla settimana nella vita? Non ci trovo nulla di strano, nulla di interessante. Insomma, il poeta, l’uomo non m’informa su un suo stato d’animo: quando decide di scrivere un verso, l’Autore non mi comunica un bel nulla. E se lo facesse gli risponderei: senti fratello, puoi chiamarti anche Moretti Marino, ma io ho già tanti miei guai che non mi va d’ascoltare i tuoi anche se me li metti in versi o in prosa! Avrai pure una vita interessante, piena di emozioni, ma ne parliamo a cena magari attorno a calice di vino… amaro! <br /><i>Sono a Cesena,<br />in visita alla mia povera sorella sposa, <br />e piove, e ciò rattrista il mio animo...</i><br />……………………………………. <br />Se tu Moretti avessi scritto questi “melanconici” versi, e m’avessi chiesto: “Senti come sono malinconici questi versi?”; io t’avrei risposto: “Ti sbagli, Marino, questi versi non sono affatto malinconici, forse lo eri tu mentre li buttavi giù. Vedi, Marino, in questo sono un po’ kantiano: non è perché tu mi parli per iscritto di monete sonanti, io ne sento il suono, così: non è perché tu mi parli in rime di malinconia io ne odo il tintinnio. Il concetto è così semplice che lo capisce anche un bambino. Non ti pare?”. <br /><br />Ma che vai cianciando, diamine! Egli mi parla di Cesena, della sua sorellina, de’ “il nonno ricco del tuo Dino”, insomma, mi parla delle cose della propria vita! È vero, è vero, è tutto vero, ma non ha importanza, può darsi pure che il Moretti fosse figlio unico (si fa per dire), la qual cosa non cambierebbe punto. Son cambiati i tempi! Tutto qua. Il buon Cesarotti o il divino Metastasio t’avrebbe parlato non di sorelle o amanti sue, ma di Aminta, Megacle, Licida, Alcantro, Aristea; non senti che nomi belli? Magari sotto le vesti antiche di Argene, il Trapassi ci vedeva i moti e gli affanni della sua ultima amata, il dolor del suo commiato o il rapido furtivo bacio, e da poeta esperto avrebbe detto dell’Amor e dell’Amicizia, con eleganza e, secondo suo consueto stile arcadico, li avrebbe messi assieme in scena, travestiti da due pastorelli. Allora, che vuol dire? che il Trapassi non vivesse giornate tristi? Non <br />era anch’egli uomo come il Marino?<br />Ma la poesia è sfogo, è anima che si proietta in parole, è manifestazione di stato d’animo, è umore… </span></div><div><span style="font-family: georgia; font-size: large;">vale a dire, invece di ingurgitare sana camomilla, e aspettar che manifestato umore passi o cessi è meglio scriverci su’ quattro versi? Fa bene al tuo organismo spurgare in versi il cattivo umore? Or bene! Allora, fallo, spurgati, sputa fuori tua gioia o tua delusione, mettila pure in versi o in rime, ma ciò non toglie che infine trattasi di “sana” terapia, di “cura” alla tua malinconia, e se funziona, intendo dire se ciò alla fine ti guarisce, ti solleva l’umore, ti provochi effetto catartico, fallo e fallo pure bene se ti riesce. Ma non restarci male quando tuo lettore non si commuove, non rimane scosso dal tuo terapeutico sfogo! </span></div><div><span style="font-family: georgia; font-size: large;">Ma come t’ho parlato di un bimbo a cui fugge di mano aquilone a significare quando la vita sia crudele nei confronti di chi è fragile e tu non ti commuovi? O sei un insensibile o non capisci un tubo! Volevi che ci mettessi anche un cane per moltiplicare effetto emotivo? Ma no, dico io, è che me lo potevi dire anche a voce! Se trattasi di storia inventata o immaginata non vedo il motivo del perché commuovermi, se trattasi di storia vera capitata a tuo figliolo mentre correa sulla spiaggia, t’avrei risposto: “Mi dispiace… per il dolor provato dal bimbetto”, cioè t’avrei manifestato tutta mia commozione per l’accaduto, così come avrei fatto nel caso in cui tu m’avessi comunicato scomparsa di tuo parente affine… <br />Vedi, per dirla brutalmente, a me del contenuto non importa niente! Che sia bello o brutto è uguale. Che Moretti sta a Cesena, un mercoledì qualunque in visita a sua sorella a me sinceramente non importa niente! Ciò che a me importa è la poesia <i>A Cesena</i> e non Moretti che neanche conosco! <br />Insomma, se in questa poesia si mette in moto all’improvviso quel processo descritto da Mario Luzi secondo il quale un vocabolo comune (<i>Piove</i>), una qualunque parola (<i>Mercoledì</i>), legandosi ad altre quasi con algebrica precisione, crea un circuito che brucia tutta la quotidianità, se in questo “bruciare” muore il “segno linguistico”, quello usato ai fini della comunicazione pragmatica, segno che si combusta perché, appena buttato dentro il fuoco della comunicazione pragmatica, immediatamente si consuma, come un pezzetto di carta, dopo aver assolto suo compito: “Mercoledì sono a Cesena”, sms comunicato da amico ad amica, appena assolta sua funzione informazionale cessa di esistere, finisce nel cimiterio delle cose dette o scritte, e svanisce. <br />Altro invece è segno linguistico quando supera soglia del livello pragmatico, e non absolve compito di comunicare proprio moto d’animo: in questo andare oltre limite, come insegnano valenti semiologi, nasce un <i>surplus </i>di comunicazione letteraria per cui il segno si configura come <i>ipersegno</i>. È l’<i>ipersegno</i> che guida autore implicito nella suddetta lirica, e non autore reale a guidare segno come capita nella comunicazione pragmatica. E trattasi di ipersegno poiché i «“significanti” in poesia, se, da un lato, rimandano pur sempre ai ‘significati’, dall’altro si costituiscono invece come entità autonome e, al limite, depositarie esse stesse di senso» (S. Agosti).</span></div><div><span style="font-family: georgia; font-size: large;">In poesia o testo letterario ogni “significante” rimanda a complessa articolazione di significanti supplementari: fonetici, timbrici e ritmici. Quindi, cambia completamente statuto al segno. Siamo su un altro piano, non più quello della comunicazione pragmatica, ma poetica: su questo piano il segno non è più “tocchetto” che arde in veloce combustione, ma potenza e forza che si sprigiona ogniqualvolta gli si dà voce. Recitato in mille modi, reiterato più e più volte, testo poetico aumenta sua potenza, sua combustione, suo valore: e nulla si consuma, e nulla si distrugge, ma tutto si compie nell’eternità.<br /></span><br /></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-26044731731854755292021-07-30T18:00:00.007+02:002022-01-30T16:13:06.052+01:00Apologhi e Favole di #brunocorino<span style="font-family: georgia; font-size: large;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi5ANmjNtf0EfNIl76Aty5tfdPWjbUubRLqTUmnmiiFIIg0020L33XtM7I9aCysJpOuXFZaRslYdItFbi6D4Gf1zKmiNWwelL3ybxbKE7Zq_ICDIk6S4tgl1vgce_HqL13c02PMFZPSO6XGOdexqI0RTJCrD-01xhUDpMkKUVrbTKTHC100aCxOTaqc5g=s1500" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1000" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi5ANmjNtf0EfNIl76Aty5tfdPWjbUubRLqTUmnmiiFIIg0020L33XtM7I9aCysJpOuXFZaRslYdItFbi6D4Gf1zKmiNWwelL3ybxbKE7Zq_ICDIk6S4tgl1vgce_HqL13c02PMFZPSO6XGOdexqI0RTJCrD-01xhUDpMkKUVrbTKTHC100aCxOTaqc5g=s320" width="213" /></a></div></div></span><span style="color: #2b00fe; font-size: large;">Leggi opera: <a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/home-page/racconti">Apologhi & Favole</a></span><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">«Il mondo deve diventare favola», scrisse un giorno Novalis.«Il mondo vero è diventato favola», rispose Nietzsche. Ma nel mondo attuale ci sono ancora autori che credono nel valore pedagogico delle favole? Ci sono ancora bimbi che chiedono: “Papà, mi racconti una favola?” Anni fa, un amico mi diceva che lui evitava di raccontare favole o fiabe ai suoi figli perché non voleva che crescessero nell’illusione di vivere in un mondo di favole. Il suo atteggiamento nei loro confronti rovesciava un aforisma di Nietzsche: «La verità è brutta, perciò evitiamo di renderla bella». Il mio amico credeva che fosse meglio educare i propri figli nel disinganno cautelativo. Raccontare favole significava per lui educare i propri figli ad essere degli “ingenui” nella vita. Infatti, soltanto un ingenuo può credere nelle favole!<span><a name='more'></a></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia; font-size: medium;">Viviamo in un mondo spietato, in cui tante persone, quando accadono delle tragedie, non si fanno scrupoli di guadagnare sulle disgrazie altrui. Sono quegli imprenditori che ridono alla notizia di un terremoto perché pensano ai tanti soldi che pioveranno per la ricostruzione! Ecco, costoro sono gli “scaltri” della vita, quelli che hanno capito sin da fanciulli come gira il mondo, come si fanno gli affari, come s’ingrossa il loro portafoglio in ragione delle altrui disgrazie. Ebbene, io sono convinto che questi individui, quando erano bambini, non hanno mai ascoltato una favola. La loro fantasia s’è come atrofizzata, inaridita. Per riprendere Nietzsche, il loro mondo vero è diventato una favola, perché in quel mondo diventato favola sono incapaci di vedere le persone e le loro sofferenze, sono incapaci di percepire i loro drammi reali. Insomma, paradossalmente chi non ha avuto modo di ascoltare e di apprezzare da bambino una favola, da adulto è condannato a trasformare il suo mondo in una favola, ossia a vivere in un mondo dove non esistono persone reali con i loro dolori, ma soltanto "figurine" e occasioni di fare a spese loro qualche buon affare.</span></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-69365407483539301952021-07-30T09:45:00.005+02:002022-01-30T16:40:46.316+01:00Contro gli idoli perversi della scuola italiana #brunocorino<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjlt7XcB87-EGca0SZTp9NJ0b3FHQ2EyoVxfAZBGrGC6j5SGUvmO-OqxSe-ddTtQkAEHUBtfbWSTfRYkCSMj6YI_vqWp1EYFcFqL11OnfDdTE4hlA9S23BYLkm8p6P8zfcrWuCXinoyMInHrS9K6nNRNDrE-zS-A7mYCWK8vfLJOtJk5Nn3pprpuksJTA=s294" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="172" data-original-width="294" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjlt7XcB87-EGca0SZTp9NJ0b3FHQ2EyoVxfAZBGrGC6j5SGUvmO-OqxSe-ddTtQkAEHUBtfbWSTfRYkCSMj6YI_vqWp1EYFcFqL11OnfDdTE4hlA9S23BYLkm8p6P8zfcrWuCXinoyMInHrS9K6nNRNDrE-zS-A7mYCWK8vfLJOtJk5Nn3pprpuksJTA=w353-h206" width="353" /></a></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><a href="https://sites.google.com/view/bruno-corino/libri-di-bruno-corino">Contro gli idoli perversi della scuola italiana</a></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Chi avrà un giorno la pazienza di leggere il mio <span style="font-family: Bookman Old Style, serif;"><span style="letter-spacing: -0.933333px;">saggio, s'accorgerà che </span></span> <i>L’aula vuota</i> di Ernesto Galli della Loggia è stato per me più un pretesto
o se vogliamo un’occasione per riflettere su alcuni nodi controversi del
sistema scolastico italiano. Diciamo che sono stato sollecitato dalla lettura
di questo saggio per mettere a fuoco alcuni temi sulla scuola che mi premevano in
maniera particolare.</span></p><span style="font-size: medium;"><span><a name='more'></a></span><div style="text-align: justify;">Soprattutto volevo intrecciare considerazioni storiche
generali sulla scuola con esperienze personali, vissute non tanto come docente
quanto, invece, come scolaro. Spesse volte nella vita sono andato alla ricerca delle
condizioni che possono determinare un insuccesso scolastico, quale una
bocciatura o un abbandono. La conclusione alla quale sono giunto è che la mancanza
di <i>empatia</i> sia alla base di tanti insuccessi scolastici. L’empatia,
secondo me, è la capacità di porsi nei confronti dell’altro in una posizione di
ascolto. Essere capaci di ascoltare l’altro, a mio parere vuole dire saper
riconoscere l’altro e <i>riconoscersi</i> nell’altro. Senza un reciproco
riconoscimento ogni proposta didattica, anche la più stimolante, la più
interessante, è destinata a cadere nel vuoto. Se chi insegna non è capace di
ascoltare l’altro, secondo me, ha sbagliato “mestiere”.</div></span><p></p><p></p><p>
</p><p class="MsoNormal"><br /></p><p></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-12073289796259497422021-07-29T11:25:00.001+02:002021-08-04T16:36:25.807+02:00Il contadino stolto e la volpe - favola #brunocorino<p> </p><p><span style="font-size: large;"></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-size: large;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDK9MkG61wnJlWfFvbjSKWlJbPke1bJ84jw18gB-d3BgveJ9UIp62LBjg_coYJuWReuX4UqY_-9rL3lzYlTSOZ1TrnZDSYRDOJ5jGakAsV-z0cXpxg08I4lT5edGT-ngt0IMkAZ_9IHb6U/s225/cerlino.webp" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="225" data-original-width="225" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgDK9MkG61wnJlWfFvbjSKWlJbPke1bJ84jw18gB-d3BgveJ9UIp62LBjg_coYJuWReuX4UqY_-9rL3lzYlTSOZ1TrnZDSYRDOJ5jGakAsV-z0cXpxg08I4lT5edGT-ngt0IMkAZ_9IHb6U/s0/cerlino.webp" width="225" /></a></span></div><span style="font-size: large;">Scrivo questo post per ringraziare personalmente l’attore #FortunatoCerlino
per l'interpretazione suggestiva che ha saputo dare alla mia favola <i>Il
contadino stolto e la volpe</i>. Mi ha fatto molto piacere che abbia scelto questo "apologo", scritto una decina di anni fa, per illustrare la situazione odierna.<span><a name='more'></a></span> Sulla sua pagina Facebook ho potuto leggere e
apprezzare i commenti lusinghieri che la favola e il suo interprete hanno saputo
suscitare. Confesso che è stata per me una piacevole sorpresa sentire recitare
questo “apologo” scritto esattamente una decina di anni fa! Tuttavia, leggendo quei
commenti mi sono un po’ rammaricato del fatto che nessuna abbia menzionato l’autore
di quella favola (eccetto il suo interprete!): è come se tutti lodassero la
magistrale interpretazione di un brano musicale, ma nessuno si prende la briga
di spendere una sola parola per ricordare il suo creatore! Capisco, sono le
dinamiche legate ai social… ma talvolta essere ricordato all'autore non fa male!</span><o:p></o:p><p></p><p><span style="font-size: large;"><br /></span></p><p><a href="https://www.facebook.com/100044563323777/videos/il-contadino-stolto-e-la-volpecoronavirus-secondaondata-pandemia-pandemic-divert/2974625299332418/" style="font-size: x-large;">Il contadino stolto e la volpe</a></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">C’era una volta un contadino stolto che stanco delle
continue ruberie di polli, un giorno chiamò la Volpe architetto affinché
costruisse un pollaio a prova di ladri.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">«È una vera persecuzione, cominciò a lamentarsi il
contadino. Non ne posso più. Sono il contadino più sfortunato della storia».<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Dopo aver ascoltato con attenzione le sue geremiadi, la
Volpe cominciò a dire: «Non hai visto come sono magri i tuoi polli? Si vede che
non li nutri abbastanza! Per questo non appena vedono un ladro preferiscono
consegnarsi spontaneamente nelle sue mani nella speranza di vivere meglio. Ai
polli bisogna dare l’illusione che stanno bene, che mangiano e bevono a
volontà, e che vivono in pollai confortevoli. Tu, continuò la volpe, metti i
tuoi polli davanti a uno specchio, così hanno modo di ammirarsi e vedere quanto
ogni giorno diventano più belli e più grassi».<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">Lo stolto contadino ascoltò i consigli della volpe e ordinò
di costruire pollai confortevoli con degli specchi giganti, e cominciò a dar
loro un mangime speciale. I polli, effettivamente, cominciarono ad ingrassare a
tal punto che non erano più capaci di muoversi e di starnazzare quando la volpe
s’avvicinava.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">La volpe adesso, rubando un solo pollo bello grasso, si
sentiva più che satollo. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="font-size: large;">La soluzione piacque anche ai polli, perché ora la volpe non
aveva più bisogno di rubare tanti polli per soddisfare la sua fame, ne bastava
soltanto uno. In fondo, ogni volta che la volpe catturava tranquillamente uno
di loro, non era mica toccato a lui, ma sempre al suo vicino.</span></p><span style="font-size: large;">Anche il contadino era contento della soluzione perché ora si vedeva rubare soltanto un pollo alla volta. Insomma, come accade nelle migliori favole, adesso erano tutti felici e contenti!</span><p class="MsoNormal"><o:p></o:p></p><p><span style="font-size: large;"><br /></span></p><p><span style="font-size: large;"><br /></span></p><p><br /></p>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3084984681125944021.post-60845813446732895922020-05-19T19:46:00.000+02:002020-05-19T19:46:15.518+02:00Risvegli<div><span style="background-color: #f9f9f9; color: #030303; font-family: Roboto, Arial, sans-serif; font-size: 14px; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div><span style="background-color: #f9f9f9; color: #030303; font-family: Roboto, Arial, sans-serif; font-size: 14px; white-space: pre-wrap;"><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNkR0aupTX6b2CNHWbHpkGH5xB9JUItl1M6g9ZUwuiKQSQgsic5gFbtjJPbjjdTdf5B7LwRw6Z9121akitqjK7pyrF1NJQyCjuPsS9TKK9oJM9f_Y0Ax8rrAtuveD0sRoh7MFWMUeRPFHz/" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="819" data-original-width="720" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjNkR0aupTX6b2CNHWbHpkGH5xB9JUItl1M6g9ZUwuiKQSQgsic5gFbtjJPbjjdTdf5B7LwRw6Z9121akitqjK7pyrF1NJQyCjuPsS9TKK9oJM9f_Y0Ax8rrAtuveD0sRoh7MFWMUeRPFHz/s320/IMG_20200518_172207.jpg" /></a></div><span style="background-color: #f9f9f9; color: #030303; font-family: Roboto, Arial, sans-serif; font-size: 14px; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div><div><span><a name='more'></a></span><span style="background-color: #f9f9f9; color: #030303; font-family: Roboto, Arial, sans-serif; font-size: 14px; white-space: pre-wrap;"><br /></span></div></span><font size="4">Lento marciava il mare</font><div><font size="4">a cavallo delle sue onde</font><div><font size="4">mentre la vita continuava</font></div><div><font size="4">ancora a contare</font></div><div><font size="4">il frangersi dei miei anni,</font></div><div><font size="4">assopita e stanca</font></div><div><font size="4">nel rumore delle voci,</font></div><div><font size="4">mi venivi incontro nei ricordi,</font></div><div><font size="4">e sentivo un rinnovato palpitare,</font></div><div><font size="4">quello sbattere di ali</font></div><div><font size="4">che non riesce mai ad avere la sua pace.</font></div></div><div><font size="4"><br /></font></div><div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Jgd1BwYK1Sc" width="320" youtube-src-id="Jgd1BwYK1Sc"></iframe></div><font size="4"><br /></font></div>scaglie poetichehttp://www.blogger.com/profile/16445962638229014845noreply@blogger.com9